11 Set UN BEL TACER ……. CANCELLA IL RIMBORSO! (Gazzetta Tributaria n.95/2023)
95 – L’inazione del contribuente può avere conseguenze negative definitive.
Il tradizionale detto “Un bel tacer non fu mai scritto” del poeta seicentesco Badoer non vale nel mondo tributario, anzi produce conseguenze nefaste.
Ce lo ricorda la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21762 nel 20 luglio 2023 che definitivamente respinge la domanda di rimborso di un credito IVA, di cui era per altro certa l’esistenza, perché a fronte di un diniego espresso dell’Agenzia non vi è stato un tempestivo ricorso.
La fattispecie è semplice e per certi versi diffusa: un contribuente cessa l’attività, e nella dichiarazione annuale IVA finale evidenzia un credito.
Entro i termini della prescrizione decennale (trattandosi di cessazione di attività) viene presentata una istanza di rimborso, respinta dall’Agenzia per carenze solo formali, e non vi è immediato ricorso.
Pochi mesi dopo, sempre nei termini prescrizionali, viene presentata una nuova istanza di rimborso, correttamente motivata, e avverso il silenzio rifiuto riguardante questa seconda richiesta viene instaurato un iter contenzioso che giunge in Cassazione, avendo avuto ragione il contribuente nei due gradi di merito.
La Cassazione, con la pronuncia in oggetto, cassa senza rinvio la sentenza di merito, quindi nega il rimborso e condanna il contribuente alle spese di lite.
Il motivo della pronuncia risiede nel fatto che il primo diniego, espresso, non è stato impugnato e quindi è divenuto definitivo, rendendo inesistente il secondo tentativo di rimborso (ne bis in idem).
In effetti l’art.21/546 impone il termine tassativo di sessanta giorni per l’impugnativa di un atto, e il rifiuto, espresso del rimborso rientra tra gli atti nominati indicati all’art.19 quali atti impugnabili.
Quindi la Corte di Cassazione ha strada agevole nel ritenere che la definitività del primo rigetto del rimborso, pronunciato con atto espresso non reclamato, precluda ogni esame della seconda istanza, confermando implicitamente anche quell’altro vecchio adagio “…. Gli assenti hanno sempre torto!”
Pochi giorni prima la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.20322 del 14/07/23 (di prossima trattazione) in caso, di silenzio-rifiuto, e non rigetto espresso, ha affermato la legittimità di un secondo ricorso se il primo non è stato iscritto a ruolo, seguendo quindi un doppio percorso di legittimazione.
Anche se nel nostro caso il contribuente ha formalmente torto, non avendo impugnato il primo rifiuto, rimane nell’interprete il disagio di vedere una volta di più che un credito riconosciuto dalla stessa Agenzia non è stato autonomamente rimborsato, a prescindere dalla formalità della domanda, a seguito della cessazione dell’attività; siamo ben lontano da quel “fisco equo” di cui ha parlato di recente il Direttore Ruffini (Gazzetta Tributaria 88/23) e potremmo prendere esempio dai nostri vicini elvetici che in caso di cessazione dell’attività con un residuo credito fiscale ricevono, dopo poche settimane, direttamente a casa l’assegno inviato dall’Ufficio delle Contribuzioni, magari anche con una lettera in cui si scusano del ritardo!
Invece, come insegna la Cassazione, in Italia bisogna impugnare tutto e non tacere mai, altrimenti i diritti, anche se sostanzialmente corretti, vengono travolti dalla formalità; non ci si lamenti, poi, della crescente quantità dei ricorsi tributari che divengono presupposto di esistenza dei rapporti.
Gazzetta Tributaria 95, 11/09/2023
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