26 Giu TUTTO CASA E UFFICIO! (Gazzetta Tributaria n.86/2024)
86 – Anche un fabbricato A/10 può essere abitazione principale, e quindi viene venduto senza plusvalenza imponibile.
Le classificazioni catastali degli immobili hanno ragioni storiche perse nel tempo, e spesso le dinamiche dei comportamenti dei cittadini superano il mero formalismo delle “carte” realizzando situazioni che in fatto divergono dai dati dei pubblici registri.
Ai fini tributari, tra l’altro, vi è la conseguenza che mentre per i privati, la rivendita dell’abitazione principale non produce mai plusvalenza imponibile la vendita infra quinquennale di un altro immobile, anche se posseduto da privati, potrebbe dare luogo all’onere di un’imposta diretta.
Ma è intervenuta la Corte di Cassazione ribadendo, ieri, che deve essere privilegiata la situazione in fatto anche se non esattamente coincidente con le risultanze catastali, per attribuire ad un immobile una destinazione realistica.
Infatti, con l’ordinanza n. 17528 del 25 giugno 2024 la Suprema Corte ha riconosciuto che la norma che esenta da imponibilità la plusvalenza eventualmente realizzata non è vincolata da una precisa categoria catastale dell’immobile oggetto di vendita, ma dall’uso che ne è stato fatto da parte del venditore.
Quindi è possibile per questi dimostrare con elementi di fatto: risultanze anagrafiche, bollette di utenze, pagamento TARI, spese condominiali e così via, che quel certo immobile era l’abitazione principale anche se accatastato come ufficio, e quindi potrà godere dei benefici di tale utilizzo.
L’ordinanza in commento contiene un interessante valutazione dell’efficacia della presunzione dell’intento speculativo nelle compravendite immobiliari, affermando che il legislatore ha ipotizzato l’esistenza di tale intento per le normali compravendite nel caso di cessione infra quinquennale, ma che tale presunzione non vale comunque per quell’immobile adibito ad abitazione principale, e che nelle norme di legge non vi è alcun vincolo esclusivo legato alla collocazione catastale.
Viene rilevato che l’art.67 TUIR non fa riferimento alcuno alla collocazione catastale di un bene, ma specifica che lo stesso deve essere stato destinato ad abitazione principale e questo è sufficiente per l’esenzione da imposte dirette della eventuale plusvalenza.
Tutta la pronuncia in argomento è indirizzata verso l’ipotesi di abitazione in un immobile accatastato come “ufficio”, ma certamente non è da escludere che possa altrettanto realizzarsi una esclusione per immobili “laboratorio” o simili, sempre privilegiando la situazione in fatto rispetto alle risultanze formali.
Comunque la vecchia reprimendo dei coniugi trascurati:” sei tutto casa e ufficio!” acquista, almeno, una valenza di esenzione fiscale!
Gazzetta Tributaria 86, 26/06/2024
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