TARTUFI E IVA: UN RAPPORTO DIFFICILE! Gazzetta Tributaria n.98/2023

TARTUFI E IVA: UN RAPPORTO DIFFICILE! Gazzetta Tributaria n.98/2023

98 – Con l’autunno si avvicina la stagione del pregiato tubero e anche la Corte di Cassazione rende omaggio al profumato complemento dei banchetti migliori.

 

Il vostro redattore ha una smodata passione per i tartufi (possibilmente bianchi) e   quindi l’attenzione professionale viene eccitata da argomenti inerenti il tubero.

Il rapporto tra imposizione tributaria e il tartufo è sempre stato complesso in Italia, tanto da generare anche un avviso di infrazione comunitaria per le anomalie ideate dal nostro legislatore e da meritare ben tre citazioni nelle varie tabelle delle aliquote IVA agevolate – (La Gazzetta Tributaria si è già interessata del Tuber magnatum nel n.28 del 2018 e n.68 del 2023).

Dato che la maggior parte del “prodotto” viene trovato, raccolto e messo nel circuito commerciale da raccoglitori occasionali, come tali privi di partita IVA, che vendevano il frutto della loro raccolta ad operatori professionali (conservieri, ristoratori ecc…) che acquistavano nell’ambito della propria impresa era stato inventato un regime di autofatturazione da parte dell’acquirente senza possibilità di detrazione dell’IVA a monte che ha suscitato gli strali della Commissione UE.

Nel 2016 tale anomalia è stata abrogata per incompatibilità con il regime fiscale della UE e da allora la raccolta e la successiva cessione alle strutture commerciali è libera, nei limiti quantitativi prefissati.

Chi era stato inciso dalla insolita normativa dell’autofattura indetraibile sino al 2016, posto che la stessa Agenzia ne aveva riconosciuto l’incompatibilità con il diritto dell’Unione, ha pensato di chiedere il rimborso dell’imposta non detratta, a cui secondo una visione di parte un po’ vessatoria l’Agenzia si è opposta anche in Cassazione che con sentenza n. 23998 del 07 agosto 2023 ha riconosciuto al contribuente il diritto al richiesto rimborso.

La sentenza, oltre all’affascinante profumo di tartufo, contiene un paio di interessanti affermazioni che anche se scontate è bene ripetere: quanto una disposizione è in contrasto evidente con la direttiva comunitaria IVA, deve essere direttamente disapplicata dal giudice tributario; lo Sato membro è tenuto a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione quale ripetizione di indebito se si tratta di incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’Unione e questo diritto al rimborso ha prescrizione decennale.

L’Agenzia è stata condannata anche a rifondere le spese di giudizio in una misura decisamente elevata, segno che la Suprema Corte ha ritenuto eccessivamente pervicace l’opposizione alla legittima (a posteriori) richiesta di rimborso.

Ma soprattutto si deve notare con condivisione il richiamo della Corte all’automatismo della applicazione della normativa favorevole al contribuente in caso di incompatibilità dell’imposta con le direttive comunitarie, automatismo di cui spesso sottovalutiamo la portata diretta.

Un altro caso di sottolineatura della necessità di un Fisco equo e in buona fede!

 

Gazzetta Tributaria 98, 18/09/2023

 

 

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