13 Giu SE SBAGLI PAGHI DUE VOLTE! (Gazzetta Tributaria n.66/2023)
66-I rapporti tra contribuenti e Amministrazione non sono quasi mai collaborativi, ed a volte ci si mette anche la Corte Suprema a sottolineare la posizione istituzionalmente perdente del cittadino.
Un caso particolare di ipotesi di necessità di sistemazione a tutto tondo delle formalità di rimborso è rappresentato dalla situazione che è trattata nella sentenza n. 13332 del 16 maggio 2023 della Corte di Cassazione che nega il rimborso ad una società coinvolta in un conflitto di date di decorrenza.
Questa società esercita il commercio al minuto e liquida l’IVA sulla base della ventilazione delle aliquote (una proporzione di scorporo dell’IVA dagli incassi in relazione al mix dell’IVA sugli acquisti).
Trattandosi di corrispettivi gli introiti lordi vengono depurati dell’IVA dovuta e il netto costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette.
A seguito di una verifica fiscale viene accertato che la società ha errato nel calcolare la ventilazione e quindi deve versare una maggiore IVA; questa maggiore imposta dovuta riduce quindi l’ammontare dei ricavi e dell’imponibile (se avevo 100 di corrispettivi e ho versati 15 di IVA dovuta ho ricavi per 85 e un utile di 10; se a seguito di verifica l’IVA dovuta viene liquidata in 17,5, ho ricavi per 82,5 e quindi l’utile scende a 7,5).
La società, dopo il passaggio in giudicato della sentenza che accerta la maggiore IVA dovuta presenta istanza di rimborso per le maggiori imposte dirette che aveva inizialmente versato sui ricavi “gonfiati “ma sia la C.T.R. che poi la Cassazione negano il rimborso perché l’istanza è tardiva!
Effettivamente l’art.38/600 stabilisce un termine di 48 mesi dal versamento per chiedere il rimborso dell’eventuale imposta corrisposta in eccesso, e se l’eccesso viene accertato da una sentenza dieci anni dopo il termine originario (48mesi) è certamente trascorso; per altro l’art.21 del D.Lgs. 546/92 (processo tributario) afferma che l’istanza di rimborso può essere presentata entro due anni da quando il diritto al rimborso è stato accertato (sentenza passata in giudicato).
Nel contrasto tra le due situazioni la Corte di Cassazione ha dato ragione all’Agenzia, considerando preminente la disposizione dell’art.38 citato, perché il termine biennale della norma di rito vale quando le leggi d’imposta non prevedono espressi termini per l’istanza di rimborso, e qui il termine (48mesi) c’è.
E’ evidente l’obbiezione che solo dopo la conclusione dell’iter accertativo, in questi casi, si può avere ragionevolmente una conoscenza di un maggiore versamento per effetto della rettifica, ma tale conoscenza si consolida normalmente ben oltre i quattro anni previsti dal legislatore.
Così il credito rimane sulla carta, il nostro contribuente pagherà due volte: le imposte dirette su di un imponibile che poi risulterà ridotto perché deve versare una maggiore IVA che non può essere in alcun modo recuperata e quindi ci troviamo in un aggravio che non viene evidenziato come doppia imposizione solo perché sono due imposte diverse!!
Comunque una volta di più si evidenzia che – chi sbaglia paga -anche due volte!
Gazzetta Tributaria 66,13/06/2023
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