RIFORMA TRIBUTARIA E PILASTRI DEL PASSATO (Gazzetta Tributaria n.21/2023)

RIFORMA TRIBUTARIA E PILASTRI DEL PASSATO (Gazzetta Tributaria n.21/2023)

21 – Una recente ordinanza della Cassazione sottolinea come il nostro ordinamento debba ancora riferirsi alla legge del 1929!

A quasi cento anni di distanza la legge n.4 del 1929 – (Norme generali per la repressione delle violazioni finanziarie) dimostra ancora la propria efficacia tanto da dover essere citata da una recente ordinanza di Cassazione come pilastro cui riferirsi.

Speriamo che di questa storicità tenga conto il governo nella formulazione della proposta di riforma fiscale annunciata.

L’ordinanza n. 36131 del 12/12/2022 potrebbe costituire un punto fermo nella relazione tra Agenzia e Contribuente proprio in virtù della legge n.4/1929 che nonostante il secolo (quasi) dall’emanazione è ancora un caposaldo.

L’art. 24 di detta legge, con semplicità quasi lapalissiana, recita “le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale” Con logica coerenza la Cassazione ricava da tale norma, tutt’ora in vigore, il principio che ogni azione dei verificatori deve concludersi con un processo verbale, e quindi a tale conclusione delle indagini, con verbale, si applica in automatico l’art.12 delle legge 212/2000 che impone un termine dilatorio alla emanazione di un accertamento basato sulle risultanze del verbale.

Per migliore comprensione, ci riferiamo alla fattispecie della ordinanza in esame: un accesso presso il contribuente per acquisire documenti e atti si concluse con un verbale delle attività svolte e sulla base dei documenti acquisiti l’Agenzia emanò un avviso di accertamento.

Il contribuente impugnò l’accertamento eccependo, tra l’altro che mancando un P.V.C. specifico non aveva avuto l’avvertenza che potevano essere proposte osservazioni nel termine di sessanta giorni dal verbale, e ottenne ragione nei due gradi di merito del giudizio.

A seguito del ricorso dell’Agenzia la Corte di Cassazione, con l’ordinanza indicata, ha affermato che in forza della legge del 1929 (ancora pienamente in vigore) ogni constatazione si deve concludere con un verbale e ogni verbale deve comportare il periodo di comporto di sessanta giorni, durante il quale possono essere fornite osservazioni e documenti, e questo a prescindere dalla denominazione che viene data al documento (P.V.C., verbale di accesso, verbale di acquisizione documenti ecc.). e dalle eventuali indicazioni sullo stesso (l’ignoranza della legge non è consentita).

La legge del ’29, argomenta la Cassazione citando anche suoi recenti precedenti, nella sua semplicità è chiara: ogni attività investigativa in materia di leggi finanziarie deve concludersi con un atto denominato verbale, e questo è l’atto richiamato dalla norma dello statuto del contribuente.

Naturalmente, more solito, di questa ordinanza Fisco Oggi, che deve esprimere un parere strettamente di parte, da una versione pro domo sua affermando che viene data ragione all’Agenzia, mentre la Corte di P.za Cavour a Roma ha semplicemente cassato la sentenza impugnata rinviando al giudice di merito per verificare se l’art.12/212 è stato rispettato.

L’insegnamento che si deve trarre, comunque, è che ogni atto di verifica, comunque denominato, può comportare il diritto di formulare osservazioni e rettifiche, e queste devono essere valutate dall’Agenzia nel periodo di comporto di sessanta giorni prima di emettere, eventualmente, un accertamento.

Gazzetta Tributaria 21, 10/02/2023

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