22 Apr PERDITE SU CREDITI: L’AVVOCATO NON BASTA (Gazzetta Tributaria 38/2022)
38 – La Cassazione offre una interpretazione miope e ristretta degli “elementi certi e precisi” che consentono la deducibilità della perdita.
La sentenza 12693 del 21 aprile 2022 della Corte di Cassazione trona a formulare una serie di paletti alla deduzione delle perdite su crediti per inesigibilità.
Purtroppo siamo in presenza di una sentenza che nel 2022 pronuncia su perdite registrate negli anni 2003 e 2004; tenuto conto che la sentenza è di rinvio, e quindi la controversia avrà potenzialmente ancora due gradi di giudizio stiamo veramente assistendo a vertenze “bibliche” ma tant’è!
Nella situazione esaminata dal Supremo Collegio la società aveva dedotto perdite su crediti sulla base di una corrispondenza con il proprio legale che aveva affermato l’inesigibilità del credito (alcune delle società debitrici erano anche fallite in anni successivi); tale comportamento aveva portato, dopo l’accertamento dell’Agenzia, a pronunce favorevoli a contribuente nei gradi di merito; di qui il ricorso per Cassazione dell’Agenzia.
La Corte ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova, nonostante la valutazione del legale, della inesigibilità del credito e l’impossibilità del suo recupero per via coattiva; si afferma addirittura che “se il creditore resta inerte nella titolarità del proprio credito esiste un credito inattuato per volontà del creditore medesimo, ma non esistono elementi certi”.
Sembra quasi si voglia stabilire che è vietato perdere crediti commerciali, come se il rischio d’impresa non comprendesse anche questo, e certamente il risultato, economico e imponibile, di esercizio sia pienamente inciso da questa circostanza reale ma non rilevante per il Fisco.
E’ ben vero che la pronuncia della Cassazione riguarda crediti di vent’anni fa, e nel frattempo sono intervenute le modifiche legislative all’art.101 TUIR che hanno attribuito ex lege a talune circostanze la forza di elementi certi e precisi (dimensioni di modesta entità, scadenza del credito, prescrizione e così via), ma leggere nel 2022 una sentenza tanto rigida suscita perplessità, certamente anche accentuata dal fatto che lo stesso Procuratore Generale (che rappresenta lo Stato anche nelle vertenze tributarie in Cassazione) avesse chiesto il rigetto del ricorso dell’Agenzia!
Viene contestato dalla Cassazione anche il riferimento temporale della perdita richiamando una sentenza del 2017 che impone la valutazione della certezza della perdita ad un certo esercizio, per evitare “di rimettere all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione” con un clima d’inquisizione non gradevole; oltre tutto stiamo in ogni caso trattando di una “perdita” del contribuente (mancato incasso di un credito) e non certamente di incassi occultati!
Sarebbe interessante poter seguire gli sviluppi di questa vertenza, ma vi è il fondato rischio che l’inesorabile orologio del tempo non consenta, date le durate iniziali, di vederne la conclusione!
Gazzetta 38, 22/04/2022
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