15 Gen PERDITE DI BILANCIO, EMERGENZA COVID E INCERTEZZE DIFFUSE: ENNESIMO PASTICCIO! Una serie confusa di norme stravolgono per l’anno 2020, ma fino al 2025, le regole di bilancio. (Gazzetta Tributaria Edizione 5/2021)
5 – Una serie confusa di norme stravolgono per l’anno 2020, ma fino al 2025, le regole di bilancio.
L’anno 2020, e speriamo che gli effetti non si propaghino troppo a lungo nel tempo, dovrà essere ricordato come uno dei peggiori nella storia economica dell’Occidente e dell’Italia, e vi è la necessità di studiare correttivi sia sostanziali che, talvolta, anche formali.
Ma a volte si esagera.
La legge di bilancio 2021, al comma 266 dell’art.1 modifica in modo sostanziale l’obbligo previsto dal Codice Civile per le società commerciali, con una norma che ha oltre ottant’anni, che impone di intervenire senza indugio quando la perdita di bilancio superi un terzo del capitale sociale, sia pure con talune differenziazioni in base ai tipi di società e alle dimensioni della perdita.
Il comma citato, modificando talune formule del codice civile, stabilisce che qualora le perdite relative all’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 superino le soglie di attenzione (un terzo del capitale sociale) gli amministratori hanno tempo sino al quinto esercizio successivo per convocare l’assemblea che deve deliberare la copertura della perdita.
Questo a prescindere dall’entità della perdita stessa e dal fatto che sussista o meno un residuo capitale sociale – la perdita di un esercizio disastroso come il 2020 può ampiamente superare la misura del proprio capitale! – e viene imposto agli amministratori l’unico vincolo di indicare separatamente nella nota integrativa le perdite sospese tenendole distinte per anno di formazione.
Quindi per cinque anni una società che ha perso tutto il suo patrimonio può continuare legittimamente ad operare ed i suoi amministratori forse distratti o forse conniventi, possono muoversi protetti dall’obbligo di sciogliere la società o trasformarla.
Tra cinque anni non sarà facile ricostruire i movimenti e le giustificazioni per una fattispecie che magari si è manifestata anni addietro, e non sarà infrequente imbattersi in società che hanno la consistenza di un fantasma!
A questa dimensione spiritica riconduce anche un’altra norma emergenziale che dà consistenza reale a situazioni da ectoplasma!
La stessa legge di bilancio, al comma 83 dell’art.1, stabilisce il diritto di procedere alla rivalutazione delle poste di immobilizzazioni immateriali del bilancio, compreso l’avviamento, pagando una imposta sostitutiva del 3%.
Il principio della rivalutazione periodica dei beni che in base al Codice Civile devono essere iscritti in bilancio al costo di acquisto si giustifica con chiarezza in periodo di inflazione, quando le rappresentazioni monetarie del costo dei cespiti può essere lontano dalla realtà per effetto delle variazioni nominali; ha già minore giustificazione quando la moneta è stabile, come negli anni 2010, ma potrebbe essere giustificata dall’opportunità offerta alle imprese di incrementare l’ammontare degli ammortamenti.
Ma quando la rivalutazione si rivolge all’avviamento, tipico bene che esaurisce la propria validità nel tempo sia per il trascorre degli anni che per il venir meno del presupposto: la capacità di quella certa attività che è stata acquistata in termini onerosi di produrre utili, che sono una curva inesorabilmente decrescente, le argomentazioni sono inesistenti!
I bilanci saranno riempiti di poste fantasiose, giustificate da voli pindarici per affermare che un certo avviamento anni dopo ha un valore superiore all’origine: pure cifre di fantasia che servono, solitamente, per mascherare poste passive che magari hanno carattere di certezza!
Se mescoliamo le due situazioni sopra ricordate brevemente – perdite non ripianate per cinque anni e avviamento rivalutato sulla carta – dobbiamo temere che la solidità dei bilanci post COVID per molte imprese sarà una chimera, con indubbio danno per l’economia nazionale.
Gazzetta 5, 15/01/2021
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