20 Giu OPERAZIONI IVA LEGITTIME SE NON VI È INTENTO DI FRODE (Gazzetta Tributaria n.68/2023)
68 – È l’Amministrazione che deve provare la volontà di frodare partecipando ad una c.d. “frode carosello”
Questa nota è giustificata sostanzialmente dalla gola, che fa ritenere il tartufo uno dei più gustosi regali che la natura possa farci e che il vostro estensore insegue con tenacia.
Data l’impossibilità di coltivare il tubero esistono procedimenti anche fiscali particolari per giustificare il commercio del prezioso prodotto, che viene normalmente raccolto dai c.d. “cavatori” spesso privati che arrotondano la pensione, e che deve soggiacere a certe specifiche formalità (autofattura) per essere immesso nel commercio.
Forse la particolarità della fattispecie (il tartufo è raro anche nel mondo fiscale!) ha indotto la Guardia di Finanza a procedere ad una verifica e l’Agenzia delle Entrate a contestare ad una società l’utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti in quanto la società emittente le fatture, presso la quale la contribuente acquistava i tuberi, aveva carenze organizzative e funzionali e aveva vertenze fiscali diffuse (la c.d. società cartiera che produceva solo documenti fiscali senza effettiva attività economica).
Contro la sentenza di secondo grado che dava ragione al contribuente l’Agenzia ricorre in Cassazione, ma la Suprema Corte con la sentenza n.15749 del 5 giugno 2023 ha respinto il ricorso, costituendo un primo baluardo contro le presunzioni a catena dell’Amministrazione.
Infatti la Corte ha rilevato come non basta il sospetto che la società venditrice sia coinvolta in una attività “opaca” di fatturazione, ma deve essere provato che anche l’acquirente era a conoscenza della carenza organizzativa/produttiva della cedente, e che l’intento della acquirente era quello di partecipare ad una frode e non già quello di acquistare certi beni.
Nel caso citato, inoltre, la società venditrice a livello commerciale era ben nota nello speciale mercato ortofrutticolo e gli acquisti erano stati regolarmente pagati.
Il giudice di legittimità, in questo caso, sottolinea come debba essere particolarmente inattaccabile l’impianto accusatorio presuntivo, e che l’elemento fondamentale della ripresa deve essere la consapevolezza, da parte dell’acquirente, di partecipare ad una frode fiscale.
Con il rigetto del ricorso erariale e la condanna dell’Agenzia alle spese di lite forse questa troveranno il tartufo meno appetitoso, mentre i comuni contribuenti potranno goderne in serenità.
Gazzetta Tributaria 68, 20/06/2023
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