22 Set MONDO DELL’INCOMUNICABILITA’ TRA AGENZIA E CONTRIBUENTE Il problema del silenzio assenso e la sua mancata applicazione potrebbe rendere difficile il dialogo tra le parti. (Gazzetta Tributaria Edizione 56/2021)
56 – Il problema del silenzio assenso e la sua mancata applicazione potrebbe rendere difficile il dialogo tra le parti.
Il sistema fiscale è istituzionalmente complesso ovunque e, quello italiano, per una certa nostra inclinazione ai particolari spesso inutili, lo è più di tanti altri nel mondo occidentale.
Per questo è fondamentale il dialogo tra Ufficio e Contribuente che possa chiarire gli aspetti dubbi o la effettiva portata di talune soluzioni, e nel 1990 (!) una apposita legge (L.241 del 07/08/1990) codificò il c.d. silenzio assenso quale istituto di portata generale per tutte le attività della pubblica amministrazione, fisco compreso.
Poi in particolare nel mondo tributario gli artt.19 e 21 del D.Lgs.546/92 fanno assurgere a livello di sistema il silenzio rifiuto alla restituzione di imposte quale presupposto per citare l’Ente.
Quindi il silenzio assoluto dovrebbe essere bandito dal novero dei momenti rilevanti nel rapporto tra pubblica amministrazione e contribuente, essendo solo una tappa del percorso per affrontare il problema.
In questo anno di sconvolgimento da pandemia e crisi economica latente sono intervenuti alcuni momenti, contradditori, capaci di minare le credenze consolidate.
Da un lato la versione finale del decreto semplificazioni bis (D.L. 77/2021) all’art.62 introduce nella legge 241 sul silenzio assenso un comma 2bis all’art.20, codificando addirittura la possibilità, in caso di inerzia della pubblica amministrazione, di autocertificare l’ottenimento dell’assenso, e questa innovazione ha ottenuto il plauso (!) anche di FISCO Oggi, la rivista ufficiale dell’Agenzia (30 agosto 2021).
In senso opposto la Corte di Cassazione nell’arco di un mese ha depositato due pronunce che sembrano autorizzare l’Agenzia a tenere ogni tipo di comportamento, anche omissivo, a danno del contribuente.
La prima ordinanza in ordine cronologico è la n.20011/2021 del 14 luglio 2021 che afferma, in modo non condivisibile, che in materia di interpello disapplicativo riguardante società di comodo ex art.37bis/600 non è prevedibile il silenzio assenso in caso di mancata risposta nei 90 giorni previsti, nonostante la previsione all’art.11 dello statuto del contribuente. Per cui il contribuente che non ricevendo risposta all’interpello disapplicativo si comporta come se lo stesso fosse stato accolto è in errore!
La seconda ordinanza è la n. 25446/2021 del 21/09/2021 che stabilisce che nel caso di silenzio rifiuto alla restituzione di imposte oggetto di impugnativa e successivamente, anche dopo anni!, seguito da un rifiuto espresso per mantenere aperti i termini deve essere impugnato anche questo secondo provvedimento, essendo venuto a cadere l’interesse ad agire sul ricorso già incardinato.
Un esempio può spiegare meglio questa intricata vertenza: viene chiesto un rimborso IVA; dopo i novanta giorni senza alcun provvedimento viene presentato il ricorso previsto dall’art.19/564: viene ottenuta vittoria in primo grado e tale sentenza viene confermata in appello; con ricorso in Cassazione l’Agenzia eccepisce che dopo la sentenza di primo grado, circa 7 anni dopo l’originaria domanda, era stato notificato un formale diniego di rimborso ma che tale atto non era stato impugnato divenendo definitivo.
La Cassazione ha concluso che il formale atto di diniego scavalca il silenzio rifiuto e devono essere verificati i tempi di emanazione e l’oggetto dell’atto formale.
In sostanza l’istituto del silenzio, quale assenso o rifiuto, ha valenza relativa, potendo essere superato da una successiva (!) espressione formale.
Diviene istituzionalizzata l’incomunicabilità tra le parti, e l’incertezza torna a regnare sovrana anche tenuto conto dei tempi della giustizia tributaria.
Per inciso notiamo la tempistica della la seconda ordinanza che nel settembre del 2021 affronta un problema di rimborso IVA 1999 e accogliendo il ricorso dell’Agenzia rinvia ad altra sezione della CTR competente, che presumibilmente si pronuncerà tra un paio d’anni con una sentenza ancora passibile di ricorso in Cassazione!
Forse più che tanti tentativi di semplificazione e razionalizzazione basterebbe un effettivo dialogo tra le parti.
Gazzetta 56, 22/09/2021
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