31 Lug LA RESILIENZA DELL’IRAP (Gazzetta Tributaria n.84/2023)
84 – L’IRAP non finisce di sorprendere e ci vogliono due pronunce della Cassazione per ottenere ragione!
La vitalità dell’IRAP, imposta sbagliata di cui da tempo viene annunciato il funerale ma che continua a imperversare, viene dimostrata anche da questa vicenda che ha dell’incredibile.
Un attore chiede il rimborso dell’IRAP versata negli anni 2000/2004 affermando l’inesistenza dell’autonoma organizzazione e dopo due sentenze di merito di segno opposto interviene la Corte di Cassazione che con una sentenza del 2015 afferma non esistere l’autonoma organizzazione stante che l’utilizzo di agenzie di scritturazione e simili non rappresenta il famoso quid pluris.
A fronte degli anni in oggetto, però, l’Agenzia aveva fatto emettere le cartelle di pagamento derivanti dalle dichiarazioni IRAP per gli anni 2000/2004, anni per cui è stato assodato, con sentenza passata in giudicato, l’inassoggettabiltà ad IRAP; dopo la citata sentenza il contribuente chiedeva lo sgravio delle cartelle in autotutela (i termini di impugnativa erano oramai trascorsi), ma questo veniva formalmente respinto con la motivazione che le cartelle derivavano dalle dichiarazioni e non erano state tempestivamente impugnate.
Veniva allora impugnato con specifico ricorso il diniego di sgravio ma sia la C.T.P. che la C.T.R. affermavano la prevalenza della definitività delle cartelle sulla esclusione da IRAP.
Con l’ordinanza n. 18241 del 26/06/2023 la Corte di Cassazione ha ribadito, anche con tono stizzito, che l’Agenzia a fronte della sentenza del 2015 che escludeva l’assoggettamento ad IRAP aveva l’obbligo di disporre in autonomia lo sgravio delle somme richieste, perché il giudicato esterno obbliga anche retroattivamente al rimborso.
Nel testo di questa ordinanza vi è una curiosa descrizione dell’attività dell’Agenzia: “……nonostante il creditore tributario sia un creditore speciale in quanto abilitato ad emettere atti impositivi (avvisi di accertamento) e a crearsi unilateralmente i titoli esecutivi per la riscossione degli importi dovuti (cartelle di pagamento) non può esservi dubbio sul fatto che anche i rapporti d’imposta sono soggetti alla regola del giudicato in senso sostanziale……” sottolineando a tutte lettere che anche l’Agenzia non può sottrarsi ad una sentenza.
Eppure l’IRAP è talmente resiliente che cerca di farsi avanti in tutti i modi, e se anche una sentenza dichiara che non esistono i presupposti oggettivi per l’imposta si appella a infondate iscrizioni a ruolo per cercare di risorgere dalle proprie ceneri.
Tra l’altro queste due pronunce costano all’Agenzia circa ventimila euro di spese riconosciute al contribuente, ma la forza dell’imposta supera anche questi aggravi marginali; dobbiamo confidare che solo la riforma che verrà riuscirà a cancellare questa fonte di continue liti e complessità.
Per altro la storia dell’imposta complementare a quella principale è costellata di dubbi esistenziali e liti: cominciò cinquant’anni fa l’ILOR ed ora segue l’IRAP, sempre messa in discussione nelle sue basi.
Gazzetta Tributaria 84, 31/07/2023
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