LA REALTA’ NON PUO’ CHE ESSERE UNA SOLA! (Gazzetta Tributaria n.121/2024)

LA REALTA’ NON PUO’ CHE ESSERE UNA SOLA! (Gazzetta Tributaria n.121/2024)

121 – Anche il mondo tributario, finalmente, si arrende di fronte alla immutabilità di una sentenza passata in giudicato!

 

Uno dei punti fondamentali che viene insegnato in tutte le scuole di diritto è il valore assoluto di una sentenza passata in giudicato, caposaldo della “certezza del diritto”

Il legislatore tributario, volendo distinguersi, aveva invece sempre affermato l’autonomia del giudizio tributario rispetto al giudizio penale, per cui l’autorità amministrativa poteva procedere nei confronti di un soggetto anche se per altra via non era stato penalmente sanzionato.

Ancora adesso rimangono angoli di incertezza, ma finalmente il legislatore, con la norma di adeguamento delle sanzioni (D.lgs. 87/2024) ha introdotto un art.21bis al D.lgs. 74/2000 – c.d. penale tributario – che stabilisce che una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, o per non avere commesso il fatto, deve essere apprezzata anche dal giudice tributario in ogni grado del giudizio e deve comportare l’annullamento di ogni sanzione e attività tributaria, anche di accertamento, derivante dalla presunzione di imputabilità annullata dalla sentenza definitiva.

Anche se sembra una affermazione ovvia abbiamo dovuto attendere l’ordinanza n.23570 del 3 settembre 2024 della Suprema Corte di Cassazione per vedere chiaramente espresso questo principio.

Un contribuente era stato accusato dal Tribunale di Como di avere partecipato ad una “truffa tributaria” con utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Sulla base di tale presunzione, sfociata in un procedimento penale, l’Agenzia aveva emesso accertamenti IRPE e IVA per gli anni interessati, e la controversia nel merito ha avuto pronunce diverse.

Il contribuente ricorre in Cassazione anche sulla base del fatto che con sentenza passata in giudicato il Tribunale di Como lo aveva assolto “perché il fatto non sussiste” dalle originarie accuse.

Richiamando la nuova norma la Corte Suprema ha accolto i ricorsi del contribuente, affermando testualmente che se la sentenza passata in giudicato riguarda gli stessi fatti posti a base degli accertamenti, e viene proclamato che tali fatti non esistono, anche nel procedimento accertativo mancano i presupposti per l’emissione delle rettifiche.

In sostanza un’assoluzione perché il fatto non sussiste con riguardo ad una accusa penale deve esplicare gli effetti ovunque, perché la non esistenza del fatto non può essere relativa ma ha portata assoluta.

E pensare che la norma sul penale tributario per 25 anni ha preteso un trattamento preferenziale, e ancora oggi per il raddoppio dei termini per l’accertamento si afferma che la presunzione di una “procedibilità” penale, anche se poi non è sfociata nella denuncia, consente di legittimamente operare con scadenze dilatate.

Ma la citata ordinanza di fine estate 2024 fa ben sperare, perché non esistono pluralità di rappresentazioni della realtà (anche se certi pittori astratti potrebbero abiettare!)

 

Gazzetta Tributaria 121, 05/09/2024

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