02 Ott IL TEMPO DEL FISCO NON HA LIMITI! Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ribadisce la portata ……illimitata dell’obbligo fiscale di conservazione delle scritture contabili. (Gazzetta Tributaria Edizione 52/2020)
52 – Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ribadisce la portata ……illimitata dell’obbligo fiscale di conservazione delle scritture contabili.
Nell’ordinamento civile italiano vi è il principio della durata limitata dei rapporti, sia economici che diversi, con la codifica degli istituti della prescrizione e della decadenza per evitare l’indeterminatezza.
In genere, per norma “quadro”, tutti i diritti si prescrivono in dieci anni (art.2946 C.C.) e questo termine decennale viene richiamato anche da quella parte del Codice riguardante i rapporti economici, dove tra l’altro si precisa che l’imprenditore deve conservare le scritture contabili per dieci anni dall’ultima registrazione, e in caso di cessazione dell’attività per dieci anni dalla cancellazione della società dal registro delle imprese.
Così non è per il fisco, che in forza dell’art. 22 del D.P.R. 600/73 (accertamento) impone l’obbligo di tenere a disposizione le scritture contabili “sino a che non siano definiti gli accertamenti….”
Tale dimensione illimitata è stata curiosamente ribadita dalla Cassazione con la sentenza 16752 del 2020 che addirittura impone l’obbligo di conservazione ultradecennale delle scritture anche per la determinazione, e verifica, delle quote di ammortamento dedotte.
Vi è stata una assoluta prevalenza dell’aspetto meramente formale rispetto alla dimensione sostanziale.
E’ stato sottoposto a verifica l’anno 2004 (!) di una società e l’Agenzia ha contestato la dimensione delle quote di ammortamento dedotte in detto anno, derivanti da investimenti di anni precedenti.
La società non è stata in grado di produrre le scritture contabili dell’anno accertato, ma vi sono state nel merito due pronunce favorevoli in relazione al fatto che le quote di ammortamento sono determinate da investimenti in anni precedenti e questi anni erano già stati verificati.
La Corte di Cassazione, investita del giudizio finale da parte dell’Agenzia, ha ribaltato le precedenti pronunce affermando la portata assoluta e cogente dell’obbligo di conservazione dei documenti contabili in mancanza dei quali cade la deducibilità di elementi di costo, con la conseguenza che è stato confermato l’accertamento per il 2004 e la società contribuente è anche stata condannata alle spese di giudizio.
Attenzione, quindi, alle periodiche “ripuliture degli archivi” che possono costare conseguenze fiscali inimmaginabili; la indeterminatezza della disposizione dell’art.22 non consente di affermare serenamente che l’obbligo di conservazione è limitato alle singole poste eventualmente controverse, e che la sostanza del “corpus” di contabilità può essere distrutta: nel dubbio meglio estendere la conservazione!
Sarà opportuno prevedere apposite istruzioni, anche testamentarie, per il reperimento di questa archeologia contabile.
Gazzetta 52, 02/10/2020
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