15 Mag IL PROCESSO A “FORCELLA” (Gazzetta Tributaria n.54/2023)
54 – Nell’arco di cinque anni grandi sconvolgimenti formali nel processo tributario, e ci avviciniamo ad un assetto stabile.
Secondo una terminologia datata, ma ancora attuale, in artiglieria il “tiro a forcella” è quella modalità per cui con un tiro oltre il bersaglio ed un tiro prima del bersaglio si riescono ad acquisire le informazioni necessarie per fare centro al terzo colpo.
Riteniamo che stia capitando lo stesso nel processo tributario, ultimo venuto nel panorama delle varie fattispecie di applicazione della Giustizia nel nostro paese (abbiamo il processo civile, quello penale, quello amministrativo, quello militare, quello contabile, ciascuno con il proprio codice di rito e le modalità applicative diverse)) e la giovane esperienza rende forse affannosa la rincorsa verso i collaudati riti del potere giudiziario tradizionale.
Ma con i provvedimenti “a forcella” il MEF cerca di avvicinarsi alla procedura ottimale
Il processo tributario assurge a dignità giudiziaria solo dal 1992, anche se gli organi deputati erano ancora chiamati “Commissioni”, e non Corti di Giustizia, e venivano pronunciate decisioni e non sentenze e muove i propri passi in un mondo di “carte”.
Tutto si svolgeva in forma cartacea, come del resto nell’ambito di tutte le Corti, con ricorsi pesanti chili, con raccomandate e cartoline di ritorno che si sprecavano (e perdevano!), e necessità di archivi poderosi; nel 2011 si comincia a pensare ad un processo tributario telematico, e vengono mano a mano emanati i decreti attuativi, cominciando con la creazione del S.I.Gi.T. (Servizio Informativo della Giustizia Tributaria) che rappresenta la fondamentale piattaforma di intercambio e archivio degli atti processuali.
E in modo differenziato per Regione Italiana è divenuto obbligatorio operare solo in via telematica.
Si pose il problema di obbligare tutte le parti ad operare con un sistema di codifica dei testi insensibile a successive modifiche (il testo del ricorso doveva essere immutabile una volta presentato) e vi sono stati problemi giuridici, giunti fino alla improcedibilità dei processi o degli atti, se non firmati digitalmente.
La firma digitale delle parti è il sigillo di procedibilità di ogni passaggio, e rende macchinoso lo svolgimento snello di un processo, ma così sono le regole.
Tale rigidità del sistema esplica ancora effetti, ma evidentemente il legislatore si è accorto che il tiro era troppo lungo e in questi giorni è stato pubblicato (3 maggio 2023) un decreto ministeriale che abolisce (tranne che per il ricorso) l’obbligo di firma digitale su allegati e documenti, e che equipara tutti i vari linguaggi informatici nel processo tributario, purché immutabili una volta prodotti.
Viene meno, quindi la paura di avere sbagliato utilizzando per il programma la confezione del testo Pdf oppure Pdf/a ovvero Pdf/a1 e così via (sembra una barzelletta ma sono veri problemi e c’è sempre qualche giudice che basa la propria decisione sul carattere utilizzato e non sulla sostanza!).
E’ chiaro che diviene prevalente la lealtà, l’etica, la professionalità e la correttezza delle parti processuali, che debbono sentirsi vincolate alla realtà a prescindere dal tipo di linguaggio telematico usato, perché un atto firmato deve essere immutabile ma è stato compiuto un passo verso la semplificazione, forse addirittura troppo significativo
Non ci stupiremmo se tra qualche tempo, aggiustato il tutto, verrà raggiunto il bersaglio di un processo tributario normalmente praticabile con gli accorgimenti resi necessari dall’avanzare della tecnologia!
Il tiro a forcella avrebbe raggiunto lo scopo.
Gazzetta Tributaria 54, 15/05/2023
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