11 Feb IL LINGUAGGIO DEL “CORPO” E IL CONTENZIOSO TRIBUTARIO (Gazzetta Tributaria n.21/2025)
21 – Crescono le complicazioni formali per lo svolgimento dei giudizi tributari.
Nel mondo della comunicazione viene sempre attribuito grande rilievo anche al c.d. linguaggio del corpo, quell’insieme di segnali, magari inconsci, che possono rappresentare l’animo e l’indole del soggetto.
Nel nostro particolare mondo della fiscalità abbiamo un settore in cui non solo in senso figurato il “linguaggio del corpo” assume rilevanza: il contenzioso tributario!
Intanto sono recenti e non ancora sopite le polemiche sull’obbligo di utilizzare un certo linguaggio telematico (l’equivalente del corpo tipografico quando si usavano i caratteri di piombo nella stampa), complicazione che si fatica a comprendere, soprattutto una volta che si tenga conto che un linguaggio telematico definito non consente alcuna modifica del testo una volta chiuso, sia esso pdf; pdfA; pdf7m ecc.
Ora viene presentata una lettura stringente dell’art.25bis del decreto sul contenzioso (D. Lgs. 546/92) che obbliga all’attestazione di conformità per tutti i documenti che fossero depositati nel fascicolo telematico del processo, anche se scansionati con un procedimento immutabile e muniti di firma telematica.
In sede di video-conferenza del 5 febbraio 2025 del M.E.F. è stato precisato che il processo tributario ha regole sue proprie, un codice di rito specifico e non vi è problema di coordinamento con il Codice Civile (che per esempio ammette a priori la validità della fotocopia di un atto, salvo naturalmente l’eventuale querela di falso!).
Le segreterie degli studi sono quindi rallentate dalla necessità di completare tutta una serie di elementi formali che valgono inutili orpelli.
Allora la memoria dell’interprete retrocede a decine di anni fa, quando nacque questo nuovo ordine giudiziario, quello tributario.
Dalla prima formulazione del decreto 546 (nel 1992) si rileva che l’art.7 escludeva nel mondo del processo tributario la valenza quale prova del giuramento e la prova testimoniale (che sono dimostrazione di civiltà nel processo civile!).
La giustificazione all’epoca (sono più di trent’anni fa!) è stata, con una certa ironia ma non del tutto: l’obbligazione tributaria è talmente sgradita che pur di evitarla tutti avrebbero giurato il falso e reso falsa testimonianza.
Questo sospetto riecheggia anche in questa esasperata ricerca di complicazioni formali per rendere il processo tanto difficile da scoraggiare la difesa strenua: per altro il fatto che mediamente l’Amministrazione esca vittoriosa solo nella metà delle cause evidenzia una certa difficoltà anche dell’Agenzia!
Allora introduciamo il sospetto che il contribuente, e quindi anche il suo difensore, perché ora il processo telematico è talmente complesso che senza professionista non si può stare in giudizio (anche per piccoli importi!), potrebbe manipolare i documenti prodotti, e quindi imponiamo successivi livelli di sicurezza informatica.
Tutto inutile, vale solo come complicazione delle segreterie che devono gestire file sempre più pesanti.
Anche se poi, come si verifica nella realtà delle aule di Giustizia Tributaria, la discussione finale si fa con le carte, e non certo con le immagini del monitor!
E pensare che solo dieci anni dopo rispetto alla norma del processo tributario (la legge 212 è del 2000!) lo Statuto del Contribuente afferma che i rapporti con l’amministrazione sono improntati a buona fede: allora perché tante complessità informatiche?
Gazzetta Tributaria 21, 11/02/2025
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