06 Giu IL DIRITTO DI CAPIRE E’ NELLA COSTITUZIONE. (Gazzetta Tributaria n.63/2023)
63-La Corte Costituzionale, con una sentenza recentissima, afferma un principio fondamentale e pienamente condivisibile nella sua linearità: le leggi devono essere chiare, comprensibili e senza dare adito ad incertezze.
Il Giudice delle Leggi, con una sentenza depositata il 5 giugno 2023, la n. 110 pur dovendo affrontare un problema di compatibilità di una legge regionale con l’ordinamento statale, afferma taluni principi che hanno una validità assoluta e che interessa anche il mondo tributario, avendo come presupposto il buon rapporto tra cittadino e potere centrale.
I Giudici di Palazzo della Consulta nella citata sentenza affermano che “disposizioni irrimediabilmente oscure, e pertanto foriere di intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta, si pongono in contrasto con il canone di ragionevolezza della legge di cui all’art.3 Cost.”
La sentenza nel testo richiama anche le norme francesi e tedesche che impongono al legislatore lo stesso vincolo di comprensibilità delle leggi, pur riconoscendo che a volte nel testo delle norme è necessario usare concetti tecnici o di difficile comprensione per chi non possieda speciali competenze; diverso però è il caso in cui il significato delle espressioni usate rimanga del tutto oscuro.
Anche in materia tributaria spesso deve essere richiamato il concetto di ragionevolezza della norma e sua intellegibilità, non solo tanto emblematicamente sviluppato dalla sentenza citata della Corte Costituzionale, ma imposto anche dallo Statuto del Contribuente: ricordiamo che l’art.6 afferma (comma 3bis) che i modelli di dichiarazione devono essere comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria; l’art.10, (comma 3) esclude l’applicazione di sanzioni quando vi è oggettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.
La conoscibilità del modello di dichiarazione da parte di un non esperto rimane una utopia (anche gli esperti spesso faticano!)
Ora, con la sentenza n.110 della Consulta è anche ribadito il diritto di confrontarsi con norme chiare, perché se non vi è questo requisito (la chiarezza) diviene arduo al privato lo stesso esercizio del proprio diritto di difesa in giudizio contro l’eventuale provvedimento della pubblica amministrazione.
In sostanza, nelle pagine della sentenza citata che trae origine solo da una legge regionale molisana forse scritta male, troviamo un manuale della buona amministrazione e delle buone relazioni tra cittadini e potere statale, con un richiamo all’art.3 della Costituzione che non deve mai essere dimenticato.
Speriamo solo che questo richiamo non voglia dire un diluvio di richieste alla Corte Costituzionale per invalidare leggi poco chiare (ne sopravvivrebbero certamente poche, almeno in materia tributaria!).
Gazzetta Tributaria 63, 06/06/2023
No Comments