27 Apr Gazzetta Tributaria Edizione 9/2020 contributi (n. 19-20)
20- QUANDO LA BUROCRAZIA ESAGERA!
Una recente presa di posizione sull’IVA nelle prestazioni sanitarie rischia di complicare oltre misura adempimenti e oneri.
In piena emergenza da COVID 19 una delle istanze che si sentono ripetere, tra le tante, riguarda l’eccesso di burocrazia che ora più che mai si avverte incombere sulle attività economiche e sui cittadini (ricordiamo le quattro versioni delle autocertificazioni per uscire e spostarsi!).
L’Agenzia delle Entrate, evidentemente refrattaria a tale esigenza di semplificazione, ha pensato di emanare il 24 aprile 2020 la risoluzione n. 118 che lascia intravedere un pericoloso precedente e complica gli adempimenti burocratici e fiscali in materia sanitaria.
Vediamo la fattispecie: un ambulatorio, gestito da una società, propone ai clienti una prestazione di “medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale” in cui il paziente viene preso in carico da una equipe composta da medici, psicologi, tecnici di scienze motorie, dietisti, perché venga formulata una valutazione personale ed elaborato un percorso di cura, il tutto coordinato da un medico capoprogetto.
Il paziente corrisponderà alla società un corrispettivo unitario.
La società, temendo distorte interpretazioni fiscali e memore del “pasticcio” recente sull’esenzione IVA sulle scuole guida (Gazzetta tributaria n. 32/2019 e 2/2020) ha chiesto la conferma all’Agenzia che tale corrispettivo rientra nel campo dell’esenzione IVA per le prestazioni sanitarie di cura alla persona, dato che l’art.10 della legge IVA esenta “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona…”.
La società aveva sottolineato che i vari professionisti fatturavano alla società con i regimi IVA propri, ma che al cliente veniva richiesto un unico corrispettivo unitario.
Con una articolata risposta (che occupa cinque pagine) l’Agenzia arriva a pretendere di scomporre il corrispettivo globale in prestazioni rese da soggetti che svolgono attività sanitaria e identificati dall’at.99 del vecchio R.D. del 1934 (il testo delle arti sanitarie) da soggetti che non rientrano in questo novero – nel caso di specie i tecnici laureati in scienze motorie – pretendendo che questi ultimi fatturino direttamente nei confronti del paziente le proprie prestazioni, con IVA, mentre tutto il resto può godere di esenzione.
Non più un corrispettivo unitario, ma una parcellizzazione a seconda di chi offre la propria prestazione e dei titoli propri, pur in un contesto proposto e acquistato globalmente.
E allora due (o più) documenti fiscali, una moltiplicazione di registrazioni e riscontri, e tutto nei confronti di un soggetto – il paziente – che normalmente è consumatore finale e quindi di un separato addebito di IVA non sa che farsene, essendo in ogni caso solo soggetto di costo; inoltre ai fini della detrazione personale per spese mediche conta il corrispettivo pagato e non rileva il regime fiscale, a meno che questa risposta sia un avviso della prossima “spacchettatura delle spese mediche” riconoscendone la detraibilità solo se interamente rese da soggetti “sanitari” (secondo l’interpretazione dell’Agenzia)
In ogni caso per quanto esposto una ulteriore complicazione, altro che la semplificazione tanto auspicata.
Gazzetta 20, 2020
19- ABUSO DEL DIRITTO (O DI INFORMAZIONE)
Un caso di notizia distorta dal sito ufficiale dell’Agenzia
Questa nota è volutamente polemica ma vuole sottolineare come a volte la posizione di parte nel processo tributario possa prevaricare il ruolo istituzionale dell’Agenzia delle Entrate che deve operare secondo i dettami di imparzialità della pubblica amministrazione come imposti dalla Costituzione.
Nel sito ufficiale pubblico dell’Agenzia vi è anche il periodico della stessa “Fisco Oggi” che presenta notizie e commenti del mondo tributario, con il marchio ufficiale della stessa Agenzia.
Il 10 aprile 2020 è comparso un articolo sull’abuso del diritto in relazione alla cessione di crediti commerciali, quale commento alla ordinanza della Corte di Cassazione n.5183 del 26 febbraio 2020, affermando testualmente che questa pronuncia “ha risolto un contenzioso in tema di abuso del diritto, con particolare riferimento a una cessione di credito pro soluto”.
Dato che l’argomento è di particolare interesse, verificandosi abbastanza di frequente la cessione di crediti nell’ambito delle attività commerciali, è parso corretto ricercare il testo integrale dell’ordinanza per acquisire gli elementi risolutivi della controversia.
Quale sorpresa nel riscontrare che la Suprema Corte aveva sì cassato la sentenza della CTR di Roma oggetto di gravame, ma in via provvisoria, rinviando alla stessa Commissione per una diversa valutazione dei fatti addotti.
Non è quindi vero che la controversia sia stata risolta, dato che dovrà nuovamente pronunciarsi la Commissione Regionale per dirimere la vertenza!
Da semplici lettori e commentatori di informazioni fiscali, sulla base del semplice testo dell’ordinanza di Cassazione, non possiamo certamente valutare le ragioni delle parti, valutazione che costituirà oggetto del giudizio di rinvio, ma suscita sorpresa constatare che la Agenzia delle Entrate, che è parte nel giudizio, proponga con la ufficialità del suo sito istituzionale una conclusione affrettata e distorta di una vertenza che non è assolutamente stata conclusa, e da questa valutazione tragga principi generali.
Quel testo sempre citato e spesso non applicato che è lo STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE al suo art. 10 ammonisce che i rapporti tra Amministrazione e Contribuente debbono improntarsi al principio generale di buona fede.
Forse a volte anche all’Agenzia vi sono amnesie, dato che nel caso citato ha prevalso il ruolo di parte rispetto al citato principio generale!
Gazzetta 19, 2020
No Comments