06 Ago Gazzetta Tributaria Edizione 12/2018 (contributi n.28-29-30)
28- L’AUTUNNO SI AVVICINA E QUELLA È STAGIONE DI TARTUFI!
Non si creda ad un improvviso stordimento del commentatore, inebriato dal profumo del tubero, ma l’Agenzia delle Entrate ha atteso il 2 agosto – di questa stagione di canicola eccessiva – per emanare una risoluzione in materia di aliquota IVA sul commercio di tartufi che aggiunge confusione ad una situazione affatto semplice.
Un breve escursus strutturale: ai fini IVA il regime agricolo ha un trattamento agevolato e semplificato sia in termini di documenti che di aliquote, ed opportunamente esiste una apposita tabella allegata al decreto IVA che identifica i prodotti agricoli ed ittici con una elencazione esaustiva che esprime due eccezioni: i vini liquorosi ed appunto i tartufi che vengono opportunamente distinti dai funghi.
Ai fini fiscali, quindi, i tartufi quale unica eccezione non sono prodotti agricoli ma entrano in un limbo di beni diversi.
E’ sorto il dubbio sul trattamento tributario delle cessioni delle varie forme di prodotto ed ecco che la risoluzione 59 del 2018 (2 agosto) chiarisce che il tartufo surgelato è soggetto ad aliquota IVA ordinaria “perché una volta scongelato mantiene l’aspetto del prodotto fresco” mentre alle cessioni di tartufo fresco, lavorato e temporaneamente conservato si applica l’aliquota agevolata del 10%.
Ed ecco il dubbio: ma se la cessione del tartufo fresco sconta l’IVA 10% perchè quello surgelato che una volta scongelato mantiene l’aspetto del prodotto fresco deve essere assoggettato ad IVA ordinaria 22%?
Si noti che vi è una sostanziale corresponsabilità del cedente e del cessionario in caso di applicazione errata dell’imposta e quindi l’attenzione deve essere elevata!
Per altro l’Agenzia ci ha abituato a valutazione agricole stravaganti: le cessioni di basilico, rosmarino, salvia e origano sono soggette ad IVA 5%; le cessioni di timo, alloro, menta e tutte le altre erbe aromatiche usate per scopi alimentari sono soggette ad IVA 4%: la differenza in termini economici è quasi insignificante ma le complicazioni formali sono rilevanti: due registrazioni, due sezioni differenti dei libri e così via; a tutt’oggi non è dato conoscere perché è stata introdotta questa differenziazione.
Godiamoci allora, senza eccessive preoccupazioni fiscali il prezioso tubero ( a proposito, a quando la differenziazione tra tartufo bianco e nero?) anche se la scorsa stagione si è fatto desiderare!
Gazzetta 28, 2018
29- SEMPLIFICAZIONI VERE O DI FACCIATA: LA BOLLATURA DEI LIBRI SOCIALI.
Il decreto legge 87/2018, c.d. Dignità si sta rivelando, come spesso è accaduto in passato, un carrozzone sul quale salgono le norme più disparate e le iniziative più velleitarie anche in materia di fiscalità.
E’ stato proposto di escludere da vidimazione e bollatura i libri societari imposti dal Codice Civile per “le società sottoposte a controllo legale dei conti”
La norma riguarda le S.p.A., S.A.P.A. e le S.r.l. che debbono tenere libri verbali, libri soci e simili, soggetti a bollatura prima della messa in uso e vidimazione da parte di un notaio o dal Registro delle Imprese (spesa media una tantum circa 100 euro per libro).
L’esclusione da obbligo di adempimenti fiscali non vuol dire esclusione da obbligo di tenuta, in quanto le società tipicamente vivono sulla carta e la storia delle azioni svolte è comunque necessaria, così come la necessità di poter certificare decisioni e nomine.
Ecco quindi la complicazione alla quale il legislatore superficiale non aveva pensato:
se una società essendo soggetta a revisione (basta avere istituito, anche facoltativamente il collegio sindacale) non procede a vidimazione e bollatura dei libri su cui vengono riportate le decisione del consiglio e dei sindaci, successivamente rinuncia alla revisione dei conti diventerà soggetta a vidimazione e bollatura dei libri, ma dato che non possono essere vidimati registri già in uso sarà necessario istituire nuovi registri per la vita societaria da quel momento in poi, con la conseguenza che quella che voleva essere una semplificazione diviene di fatto una duplicazione di adempimenti e di “carte”.
Per altro il legislatore ha sempre avuto un rapporto confuso e difficile con i libri sociali: i lettori meno giovani ricorderanno l’obbligo di vidimazione annuale dei libri sociali, con la rincorsa ad effettuare i versamenti postali in termine; successivamente vi è stata la convivenza dell’obbligo di vidimazione dei registri contabili (libro giornale) che per le imprese minori poteva anche fungere da registro IVA (sente da vidimazione); ora siamo alle società differenziate sia per la forma (sembra non siano citati i consorzi e le società consortili, mentre sono sicuramente escluse le società di persone) che per l’organo di controllo:
a quando l’abolizione totale degli obblighi di bollatura e vidimazione dei libri sociali?
Per altro tale vincolo costituisce un primato italiano, non invidiabile: non risulta che tale adempimento sia richiesto negli altri paesi economicamente significativi!
Gazzetta 29, 2018
30- VERSO LA SCOMPARSA DEL “CONTRIBUENTE IVA!”
Lo scorso aprile, con una nota in materia di fatturazione elettronica (n.15), commentavamo sulla nostra GAZZETTA la situazione derivante dall’imminente diffusione del nuovo strumento contabile, la e-invioce, che dalle pompe di benzina si estenderà presto alla totalità delle attività economiche (o così si auspica la SOGEI, società di informatica dell’Agenzia), dato che la fatturazione elettronica sarà obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2019.
Il nuovo elettronico comunque avanza a passi da gigante se il 25 luglio 2018 è stato approvato alla Camera dei Deputati un emendamento che esonera dall’obbligo di annotazione sui registri IVA le fatture emesse o ricevute se trasmesse attraverso SDI Sistema di Interscambio previsto per la fatturazione elettronica, che passa da SOGEI. L’emendamento è il n. 11.15 all’atto C.924.
Questo vuol dire che l’introduzione della fatturazione elettronica tanto temuta trasferirà di fatto in capo al “GRANDE FRATELLO FISCALE” quasi tutti gli adempimenti IVA, l’incubo delle registrazioni e delle annotazioni, la quadratura dei registri.
Dopo un momento di sollievo per l’esclusione da incombenti formali però si sollevano i primi dubbi per un interprete scrupoloso: ma i registri debbono essere comunque tenuti? e le liquidazioni come vengono eseguite? i versamenti e le variazioni sono disposti dal Grande Fratello o vengono gestite in autonomia? la conservazione dei dati è sempre onere di SOGEI oppure viene traslata sul nostro contribuente? e le eventuali contestazioni si rivolgono a SOGEI o al titolare della posizione?
All’orizzonte aleggia già il rischio della “DICHIARAZIONE IVA PRECOMPILATA” con tutte le problematiche che il mod.730, ben più semplice, ci ha presentato.
Chi scrive esercita la professione da quasi mezzo secolo (iniziò ancora in regime di I.G.E.!) e nonostante gli anni fa il tifo per il progresso che può essere portato dal nuovo mondo senza riserve mentali: ma come ci insegna la storia ogni processo di modifica ha bisogno di un ragionevole periodo di rodaggio e messa a punto che necessita di condivisione ed elaborazione progressiva.
Siamo invece in presenza, spesso, di tentativi di modifiche legislative volti più a saggiare le reazioni che a promuovere un effettivo passo avanti della normativa, anche se la visione prospettica porta a ritenere che in un tempo non eccessivo la funzione contabile/dichiarativa sarà gestita in modo pressochè automatico: con alcune perplessità e diffidenze anche il modo delle dichiarazioni dei redditi sta scivolando verso la SOGEI, che arriverà ad assorbire anche il “CONTRIBUENTE IVA” , presto da ricercare nei musei come rappresentante di una era superata.
Gazzetta 30, 2018
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