04 Giu Gazzetta Tributaria Edizione 11/2019 contributi (n. 21-22-23)
23- IL FISCO DEGLI ALTRI: UNO SGUARDO NEGLI USA
Il rapporto annuale delle Entrate americane e un confronto con la nostra realtà.
E’ stato pubblicato il rapporto annuale dell’IRS (l’Agenzia federale che governa le entrate per gli Stati Uniti d’America) che riporta i dati dell’anno fiscale chiuso alla fine di settembre 2018.
Come sempre i raffronti sono imprecisi perché le fredde cifre non rappresentano le diverse realtà sia dimensionali che sociali, ma purtuttavia da queste si può ricavare una certa immagine sorprendente e per certi versi gratificante per la nostra realtà.
Grosso modo possiamo ritenere che la popolazione degli USA sia cinque volte quella italiana ed allora un dato balza subito all’attenzione: le dichiarazioni fiscali americane nell’anno sono state oltre 250 milioni, più di dieci volte il totale italiano e almeno il doppio di quanto ci si sarebbe proporzionalmente atteso.
A questo si accompagna la rilevazione che oltre l’85% della popolazione afferma che imbrogliare “le tasse” è immorale, retaggio di un sistema che dimostra una coscienza civica importante e un principio di prudenza diffuso (in genere l’ispettore dell’IRS è più temuto del Marshall della polizia!).
Tutta questa attività dichiarativa, riferita al paese forse più ricco del mondo, produce in termini di gettito un risultato rilevante ma non così eclatante: il gettito tributario annuale supera i 3.500 miliardi di dollari, circa 3.000 miliardi di euro, importo che è proporzionalmente equivalente al gettito italiano, che essendo generato da un quinto di popolazione produce circa 700milioni di euro.
Il risultato americano è conseguenza della riforma fiscale voluta dal nuovo presidente che ha ridotto le aliquote, pur creando taluni scontenti per la diversa compagine sociale.
Un approfondimento merita l’esame delle capacità di verifica dell’amministrazione: l’IRS verifica circa lo 0,5% delle dichiarazioni, e per la maggior parte con questionari e richieste di documenti; la tendenza a ridurre i controlli è costante nel tempo, e si calcola che il contribuente medio, con un imponibile tra 25mila e 500mila euro (sarebbe il 95% della platea italiana!) ha una probabilità inferiore all’1% di essere verificato.
Il connubio tra scarse verifiche ed incremento di gettito dimostra che un clima di fiducia è utile e contribuisce a ridurre i costi di raccolta e gestione della fiscalità; come si ebbe già modo di sottolineare il rapporto tra Fisco e Contribuente, se improntato a buona fede, è certamente corretto e riduce i reciproci disagi. (non per nulla questo è uno dei principali “proclami” dello Statuto del Contribuente).
Gazzetta 23, 2019
22- LOCATORE “A SUA INSAPUTA” E IL NIPOTE INFEDELE
Una interpretazione fiscale che sembra ricavata da un film di TOTO’.
La Corte d Cassazione con la recentissima sentenza n.12332 del 9 maggio 2019 ha statuito un principio che a prima vista appare in contrasto con il comune sentimento oltre che con il presupposto della “capacità contributiva” affermato dalla Costituzione.
Vediamo la fattispecie: zio e nipote sono comproprietari di un immobile e tra di loro non sono in buoni rapporti.
All’insaputa dello zio il nipote stipula un contratto di locazione e riscuote l’intero canone; successivamente lo zio deve addirittura fare causa al nipote per cercare di farsi corrispondere la propria quota di canoni.
L’Agenzia delle Entrate chiede allo zio l’IRPEF riguardate la metà dei canoni mai incassati ma per i quali pende la causa civile, affermando che a nulla vale la non conoscenza del contratto e la mancata corresponsione degli importi.
La vertenza arriva fino in Cassazione che con la sentenza commentata stabilisce che per i redditi fondiari la presunzione formale di titolarità prevista dall’art.26 TUIR supera qualunque circostanza di fatto, per cui l’infedeltà del nipote che non aveva condiviso quanto percepito non costituisce motivo da esclusione da imposte per lo zio vittima.
Quindi abbiamo una sostanziale iniquità: lo zio dovrà pagare su importi non ricevuti ( e chissà se e quando li riceverà); il nipote può essere fiscalmente in regola con la corresponsione delle imposte dovuto solo sulla metà di quanto percepito, non dovendo dichiarare l’altra metà in quanto non sua!
L’affermazione della Suprema Corte è drastica: i redditi fondiari sono “ontologicamente” legati alla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla effettiva percezione e questo sarebbe compatibile con il dettato costituzionale perché, secondo la Corte Costituzionale la capacità contributiva può essere ricavata da qualunque indice rivelatore di ricchezza, come la proprietà di un bene.
Una serie di argomentazioni squisitamente tecniche affermate sia dalla Cassazione che da FISCO OGGI, il periodico dell’Agenzia delle Entrate (istituzionalmente di parte) cercano di sostenere che tale interpretazione è corretta, l’unica possibile in un mondo che è governato dalla rendite catastali, e solo in casi di contestazioni giudiziarie (sfratto o simili) si può prescindere dalla equivalenza proprietario=contribuente.
Però viene tanto vivido alla memoria del vostro commentatore la figura di TOTO’ che vende la Fontana di Trevi all’ignaro turista, e l’ipotesi del locatore “a sua insaputa” non pare emblematica di un Fisco moderno, oggettivo e rispettoso del contribuente.
Gazzetta 22, 2019
21- MARKETING FISCALE: PENSIONATI VENITE DA NOI!
Le norme agevolative per i pensionati esteri
Mentre sono frequenti sulla nostra stampa le segnalazioni della convenienza per i pensionati italiani di trasferire la residenza fiscale in taluni stati esteri ( per esempio il Portogallo), ben poco si sa della corrispondente situazione agevolativa che è stata introdotta nel nostro ordinamento lo scorso anno: un beneficio quinquennale di imposta sostitutiva fissa ed esigua per pensioni di provenienza estera, incassate in Italia.
Vediamo brevemente i riferimenti: con un comma (273) disperso nella sterminata moltitudine di provvedimenti vari, nella finanziario 2018 è stato previsto un regime di favore per i pensionati esteri che a partire dal 2019 trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale, purchè vi sia un reddito di pensione di provenienza estera.
Non è necessaria la cittadinanza straniera, ma è indispensabile la residenza fiscale non in Italia almeno nel quinquennio precedente e l’esistenza di un reddito di pensione, anche frammisto con altri, di provenienza estera; se questo pensionato trasferisce la propria residenza in un comune del Mezzogiorno avente popolazione inferiore a 20.000 abitanti potrà godere per un quinquennio di una imposta sostitutiva nazionale del 7% su tutti i redditi percepiti da fonte estera o prodotti all’estero!
L’Agenzia delle Entrate con un apposito provvedimento del 31 maggio 2019 ha dettato le modalità per applicare tale norma agevolativa, che formalmente è contenuta nell’art.24ter del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Certamente vi saranno particolari studi da avviare per valutare, caso per caso, l’incidenza delle convenzioni bilaterali tra Italia e stato estero in ordine alla tassazione del reddito nel luogo di residenza e l’eventualità di duplicazioni di imposta, ma in generale il pensionato che si trasferisce in Italia per i primi cinque anni godrà di un regime di assoluta convenienza, specialmente per redditi di importo significativo si pensi che una pensione ordinaria di 60mila euro annui soggiace ad una tassazione approssimata media almeno del 30% mentre con il nuovo regime con il pagamento del 7% del totale dei redditi esteri si assolve ogni onere tributario. Sembra di intendere che l’agevolazione non si estende ad eventuali altri redditi del pensionato prodotti in Italia.
Per mantenere l’agevolazione il pensionato non dovrà mai risiedere in comuni di popolazione superiore alla dimensione indicata e dovrà pagare le imposte!
Infatti una delle circostanze che potranno far decadere dall’agevolazione è il mancato pagamento totale o parziale dell’imposta dovuta, che andrà versata in un’unica soluzione entro il termine per la dichiarazione annuale. Sarà opportuno prestare attenzione a quell’inciso “parziale” per cui un errore di pochi euro potrebbe portare ad una penalizzazione di migliaia!
Questa norma sembra tagliata su misura per i cittadini italiani che hanno svolto una attività di lavoro all’estero e all’età della pensione rientrano in Italia, andando a risiedere in uno dei comuni agevolati; ricordiamo che residenza e domicilio possono non coincidere!, mentre non può riguardare i c.d. transfrontalieri che non hanno la residenza all’estero. Infatti il requisito richiesto è la residenza e non la cittadinanza.
In ogni caso assistiamo ad una competizione tra stati sulla “caccia al pensionato contribuente!” e anche l’Italia reciterà la propria parte!
Gazzetta 21, 2019
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