ELOGIO DELLA SOCIETA’ SEMPLICE (Gazzetta Tributaria n.108/2024)

ELOGIO DELLA SOCIETA’ SEMPLICE (Gazzetta Tributaria n.108/2024)

108  – Una forma societaria snobbata nel passato acquisisce nuovo interesse, specialmente nell’ ottica tributaria.

 

Nell’Italia della prima metà del ‘900, forse anche per certe esagerazioni del Fascismo (!), vi era una sorta di esaltazione del mondo rurale e agricolo, e anche in quest’ottica venne introdotto nel Codice Civile l’istituto della società semplice, (art.2251 – 2291) a cui è inibita l’attività commerciale ma che, tipicamente, doveva svolgere attività agricola o di mero godimento e di possesso di immobili (anche la locazione di immobili è consentita alla società semplice in quanto non è attività commerciale).

Il Codice Civile è approvato nel 1942, e complice l’avvento della Repubblica, la fine della guerra e l’industrializzazione di massa la società semplice negli anni ’50 e ’60 perde di interesse, finendo sostanzialmente negletta.

Data la necessità di ridurre il carico fiscale individuale in tutti i modi legittimi di operare assistiamo ad una ripresa di interesse per la società semplice che può consentire di realizzare trasferimenti, anche successori, e sistemazioni in esclusione di imposte ma nel pieno risetto delle norme.

Ce lo ricorda, da ultimo, la Corte di Cassazione che con la sentenza n.17441 del 25 giugno 2024 ha ribadito la trasparenza di una società semplice nell’utilizzo di beni pur in un comportamento quasi elusivo.

In una sistemazione familiare un bene immobile (probabilmente importante) era di proprietà di una società semplice ma concesso gratuitamente in uso ad un familiare, socio della società.

L’Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento a carico del socio beneficiario richiamando l’art.67 c.1 lett. h ter del TUIR, che qualifica come reddito imponibile la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo per l’utilizzo da parte dei soci dei beni d’impresa.

Impugnato l’accertamento le Commissioni di Merito davano incredibilmente torto al contribuente, che ricorreva quindi in Cassazione,

Con la sentenza indicata la Corte affermava chiaramente che l’art.67 c.1 lett. h ter TUIR non era applicabile alla fattispecie in oggetto perché la norma si riferisce espressamente ai beni d’impresa, mentre una società semplice non può avere impresa!

Nel testo della sentenza, a livello di richiamo con sottolineatura della disattenzione la Cassazione cita la circolare n. 24 del 15 giugno 2012 dell’Agenzia delle Entrate che trattando del godimento dei beni sociali specifica: “Restano escluse dall’applicazione della norma le società semplici concedenti, in quanto soggetti che non svolgono attività d’impresa

Quindi la società semplice non genera presunzione di reddito, e per espressa conferma dell’Agenzia con un possesso ultra quinquennale dl bene immobile consente la successiva rivendita senza plusvalenza imponibile.

Uno scrigno di famiglia, di cui sembra avesse perso la misura anche l’Agenzia che cerca materia imponibile dove aveva già affermato con la circolare citata non potesse esistere.

E’ certamente un tema che merita un approfondimento e vi torneremo.

 

Gazzetta Tributaria 108, 25/07/2024

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