11 Nov COMPLICAZIONI FISCALI IN SALA OPERATORIA – IL CASO DELLA CHIRURGIA ESTETICA (Gazzetta Tributaria n.156/2024)
156 – L’ Agenzia torna a esprimersi sull’ applicazione dell’ IVA agli interventi di chirurgia estetica, rischiando di complicare uno scenario incerto.
E’ stata pubblicata una nuova presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate in materia di applicazione dell’IVA sulle prestazioni di chirurgia estetica che aggiunge elementi di incertezza ad un quadro già di per se dai confini sfumati.
Ricordiamo che dal 2023 le prestazioni sanitarie aventi solo finalità estetiche non godono della generale esenzione da IVA come stabilito dal D.L. 145/2023, che abbiamo commentato nella Gazzetta Tributaria n. 137/2023, e conseguentemente dalla detraibilità 19% ai fini delle imposte dirette.
A poco meno di un anno dalla introduzione della nuova normativa che esclude l’esenzione interviene nuovamente l’Agenzia con una risposta che probabilmente necessiterà di specificazioni ulteriori.
Infatti con la risposta ad interpello n. 211 del 28 ottobre 2024 sono stati precisati i vari regimi IVA (o almeno alcuni di questi!) che possono interessare una prestazione di chirurgia estetica.
La novità della presa di posizione dell’amministrazione è che il costo dell’operazione di chirurgia estetica deve essere scomposto in varie componenti che godono di trattamenti IVA differenti: le prestazioni del chirurgo e dei sanitari, l’utilizzo della sala operatoria e servizi connessi, la degenza post operatoria, l’utilizzo di farmaci, oltre tutto differenziando se la prestazione è resa in di case di cura convenzionate o no con il Servizio Sanitario Nazionale.
Le varie componenti vengono a loro volta separate nelle singole specializzazioni ed ecco che sorprendentemente viene affermato che la prestazione dell’anestesista che prepara e assiste il paziente durante l’anestesia per l’operazione deve fatturare le sue prestazioni in esenzione da IVA perché si tratta di una attività comunque destinata a tutelare e mantenere le condizioni vitali del paziente!
Quindi l’esclusione da esenzione riguarda solo il chirurgo, a meno che l’operazione non sia giustificata dall’attestazione delle finalità terapeutiche; l’utilizzo della sala operatoria e servizi connessi in una struttura non convenzionata sconterà l’IVA ridotta del 10%, così come la degenza; la prestazione del chirurgo un’IVA piena del 22%; nonostante fosse stata formulata una apposta domanda nella risposta in commento l’Agenzia tace sul trattamento IVA degli assistenti del chirurgo, aiuto-chirurgo e ferrista di sala.
Se si dovesse ragionare per analogia anche quest’ultima figura (ferrista) potrebbe godere dell’esenzione riconosciuta all’anestesista, in quanto la sua prestazione non è condizionata dalla finalità dell’operazione estetica; ma queste complicazioni possono solo portare ulteriore confusione in un panorama già abbastanza affollato.
Una simile presa di posizione, certamente, provoca un beneficio per il paziente (un onorario è esente IVA) e un aggravio degli adempimenti per la casa di cura che rischia di doversi occupare di una pluralità di documenti contabili con trattamenti differenti.
Rimane aperto il problema della detraibilità della componente 19% ai fini delle imposte dirette per il paziente: se il trattamento è solo estetico non può esservi detraibilità, ma dato che viene riconosciuto, almeno per l‘anestesista la prevalenza della componente sanitaria la detrazione non può essere negata, e così sembrerebbe per le spese di ricovero e utilizzo sala operatoria.
Certamente l‘emicrania non è tra le patologie interessate da queste fattispecie, ma vi sarà un incremento di questa sofferenza dei commercialisti se si diffondono simili interpretazioni parcellizzate, e in questo caso le terapie sono prestazioni esenti IVA!
Gazzetta Tributaria 156, 11/11/2024
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