CINQUANT’ANNI DI IVA; MA I RIMBORSI RESTANO PROBLEMATICI. (Gazzetta Tributaria n.62/2023)

CINQUANT’ANNI DI IVA; MA I RIMBORSI RESTANO PROBLEMATICI. (Gazzetta Tributaria n.62/2023)

La detrazione IVA è il principale pilastro del funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto, ma dopo tanti anni vengono ancora proposti dubbi e distorsioni.

 La legge IVA è in vigore da più di cinquant’anni (il D.P.R. 633/72 è entrato in vigore il 1° gennaio 1973) ma nonostante la possibilità di verificare e mettere a punto tutti gli aspetti della normativa sono ancora frequenti i casi di intervento del giudice, anche perché, come abbiamo modo di verificare in tutte le situazioni, l’incasso dell’IVA non è un momento finanziario provvisorio in attesa della conclusione della liquidazione dell’operazione, ma viene considerato, anche dall’Agenzia, un provento dell’attività economica.

Ecco allora che abbiamo le controversie, anche decennali, sul mancato rimborso dell’IVA negli investimenti a medio/lungo termine, specialmente se l’attività non viene portata a termine! così come vi sono aspetti che paiono meramente formali ma portano a situazioni di vertenze che si prolungano per anni.

Il 1° giugno 2023 due pronunce della Suprema Corte di Cassazione (la terza è di pochi giorni prima) hanno ribadito (ed una ha innovato) concetti che sono legati alla percezione in assoluto dell’IVA, e non quale semplice momento transitorio sulla determinazione dell’imposta dovuta, se questa per altro è tale (situazione dell’oro)!

L’ordinanza n. 15570 del 1° giugno 2023 merita di essere citata perché deve ribadire, per l’ennesima volta, che le attività preparatorie all’attività di impresa, con il sostenimento di costi che avvenendo tra imprese sono gravati di IVA, danno luogo ad un credito di imposta che se non può esser compensata con l’IVA sulle vendite perché l’attività non ha potuto, o voluto, partire, deve essere rimborsato.

Infatti il principio cardine: dall’imposta IVA incassata si deduce quella pagata ai fornitori e la differenza si versa all’Erario necessità, per funzionare, dell’esistenza di un IVA incassata; se questa manca perché l’attività non è iniziata, ovvero è subito cessata, il relativo credito generato dalle spese deve essere rimborsato.

La pronuncia citata dedica pagine all’elencazione dei provvedimenti comunitari che definiscono tale situazione, ma evidentemente non tutti gli Uffici dell’Agenzia, e non tutti i componenti dell’Avvocatura di Stato, sono graniticamente convinti di questo diritto e coltivano sempre contenziosi desolati.

L’Ordinanza n. 15575 del 1° giugno 2023 affronta un altro problema: la detraibilità dell’IVA relativa agli interventi effettuati su di un immobile parte di una azienda concessa in affitto dal proprietario dello stesso.

E’ in dubbio la strumentalità del bene, e delle spese sostenute e la sua capacità, in caso di affitto d’azienda, di produrre reddito d’impresa, quindi di entrare in uno scenario di IVA detraibile.

Ancora più specifica è la materia tratta dalla sentenza n.13742 del 18 maggio 2023 che ha dovuto affrontare il caso di un contrabbando di oro, che è stato sequestrato al confine con la Svizzera, e che nel regime sanzionatorio applicato dall’Agenzia veniva gravato di una omissione di IVA dovuta perché l’oro in lamine (come quello sequestrato) non poteva essere considerato oro di investimento.

Tesi strampalata che si aggrappa all’aspetto fisico del bene senza valutare l’oggetto della operazione commerciale.

L’art.10 della legge IVA prevede l’esenzione da imposta per le cessioni di oro, ma la C.T,R. della Lombardia avrebbe voluto limitare tale esenzione alle cessioni di oro in granuli o lingotti, e non in lamine (!); deve intervenire la Suprema Corte per stabilire che tra due imprese ( e la fattispecie di contrabbando non rileva) la cessione di oro che non sia rappresentata da oggetti di oreficeria è atto commerciale d’investimento e in quanto tale soggetto all’esenzione IVA di cui all’art.10 e quindi non vi è violazione dell’omissione dell’imposta!

Per altro si evince dalla sentenza di Cassazione che la gestione della controversia da parte dell’Agenzia era stata tumultuosa: venne emesso un accertamento ai fini delle imposte dirette con un reddito imponibile di € 7.989.952,00 e poi lo stesso viene annullato in autotutela e sostituto da un’altra di € 181.822 circa un quarantesimo! perché non erano stati considerati i costi del bene):

  Tre pronunce, tutte di cassazione con rinvio delle sentenze impugnate, che quindi non risolvono la controversia ma chiedono al giudice di merito di effettuare esami e approfondimenti, ma che ribadiscono la difficoltà dell’Agenzia a considerare l’IVA solo come una partita di giro, e non già un tributo a liquidazione autonoma.

E dopo cinquant’anni di rodaggio!

Gazzetta Tributaria 62, 05/06/2023

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