01 Lug CHI TROPPO VUOLE! I PRELIEVI DALLA PROPRIA SOCIETA’ (Gazzetta Tributaria n.90/2024)
90 – I prelievi dalla propria società, senza giustificativi di sorta, sono considerati redditi personali del socio e tassati di conseguenza.
Probabilmente vedere somme significative depositate sul conto della società di cui si è socio può generare la tentazione di prelevare tali disponibilità per le proprie esigenze, ma si devono fare i conti con il Fisco che arriva, magari non subito ma con implacabile determinazione, e alla fine vince!
Questo è quanto si ricava dalla ordinanza n. 15919 del 6 giugno 2024 della Corte di Cassazione che mette un punto fermo ad una fattispecie diffusa e“pericolosa”.
Una coppia è titolare dell’intero capitale sociale di una s.a.s. che nell’anno 2008 dispone di una rilevante liquidità.
I due soci, con operazioni ripetute, prelevano parte di tale liquidità senza avere supporti contabili o operativi per tali operazioni.
L’agenzia delle Entrate, in base alle indagini bancarie accerta in capo ai due soci il reddito derivante da tali prelievi imputandoli a lavoro autonomo non abituale non dichiarato.
Dopo due gradi di giudizio di merito negativi i soci ricorrono in Cassazione che con la pronuncia indicata conferma l’operato dell’Agenzia, condannando i ricorrenti anche alla rifusione delle spese di giudizio.
Viene respinta la presunzione di operazione puramente finanziaria, e in quanto tale non rilevante sotto l’aspetto reddituale, evidenziando nel testo un interessante principio, che può essere assunto a memento per situazioni analoghe.
Infatti viene sottolineato come il mancato addebito ai soci (che avevano effettuato i prelievi) di un importo di interessi, eventualmente non pagato ma contabilizzato, rende imponibile il prelievo effettuato perché viene esclusa la natura finanziaria.
Come a sottolineare che solo l’esistenza di un addebito di interesse, anche se vi era la coincidenza tra le rispettive figure (soci, beneficiari del prestito e debitori di interessi) avrebbe giustificato la natura finanziaria, e quindi non reddituale, delle poste.
Viene quindi confermata la ricostruzione fatta dall’Agenzia e si potrebbe anche sostenere che è stata clemente.
Tutto sommato la presunzione di reddito di lavoro autonomo non abituale attenua l’onere per i contribuenti, perché riguarda una fattispecie non imponibile IRAP; potrebbe esservi, invece, il rischio della contestazione della mancata effettuazione della ritenuta su queste prestazioni da parte della società, anche se saremmo nel caso delle presunzioni di secondo grado!
Certamente la fattispecie finanziaria, specialmente in questo periodo di tassi di interesse limitati e possibilità di determinare liberamente la durata del finanziamento, porrebbe al riparo da presunzioni fiscalmente molto onerose.
Anche da una pronuncia negativa si possono quindi trarre insegnamenti interessanti, e sicuramente non vi sarà il rischio di essere accusato di “elusione”, dato che l’ha detto la Cassazione!
Gazzetta Tributaria 90, 01/07/2024
Sorry, the comment form is closed at this time.