07 Ott CHI TACE ACCONSENTE! (Gazzetta Tributaria n.140/2024)
140 -Torna la necessità dell’ impugnazione preventiva dell’ avviso bonario di liquidazione della dichiarazione.
In attesa di una effettiva semplificazione di formalità e rapporti e di un rapporto costruttivo, attraverso anche il dialogo, con l’Amministrazione, torna l’attenzione sulla rilevanza di termini “ordinatori” e sulla necessità di impugnazione autonoma di un avviso bonario, come è sottolineato da una recentissima ordinanza di Cassazione.
Siamo in presenza di una iscrizione a ruolo di differenze di IRPEF e accessori a seguito del controllo formale della dichiarazione ex art. 36ter D.P.R. 600/73.
La dichiarazione era relativa all’anno 2007, la comunicazione delle variazioni è stata notificata il 10 febbraio 2011 (teoricamente tardiva) e l’iscrizione a ruolo è avvenuta il 27 gennaio 2012 (certamente tempestiva).
La norma generale afferma che il controllo formale deve avvenire entro il 31 dicembre del secondo anno dalla presentazione della dichiarazione, e l’iscrizione a ruolo deve avvenire entro il 31 dicembre del quarto anno.
Trattandosi della dichiarazione UNICO 2008, presentata nel corso del 2008, il controllo formale doveva avvenire entro il 31 dicembre 2010 e l’iscrizione a ruolo relativa entro il 31 dicembre 2012.
Il nostro contribuente impugna solo la cartella portante l’iscrizione a ruolo.
Dopo le conclusioni difformi dei gradi di merito la vicenda approda in Cassazione su impulso dell’Agenzia, e il Supremo Collegio con la pronuncia n. 21097 del 29 luglio 2024 accoglie le tesi dell’Amministrazione affermando due distinti, rilevanti, motivi di contestazione.
La mancanza di impugnativa della comunicazione dell’esito del controllo (il c.d. Avviso Bonario) rende definitivo detto controllo e quindi non possono essere poi reclamati gli atti di riscossione conseguenti.
Quindi attenzione a tutti gli avvisi bonari, comunque generati, perché la mancata contestazione della rettifica rende questa definitiva, anche se teoricamente fuori tempo.
Se l’indicazione di un termine non è accompagnato dalla conseguenza della nullità degli atti a seguito dell’inosservanza il termine non ha rilevanza cogente.
Quindi tutte le volte che in una norma compare una indicazione di “scadenza” – come nell’art.36ter/600 dove si indica il 31 dicembre del secondo anno successivo alla dichiarazione per l’effettuazione degli controlli) – l’inosservanza della lettera della norma non ha conseguenza alcuna: quindi per la Pubblica Amministrazione in genere i termini sono un invito ad operare sollecitamente, ma solo una nullità espressa attribuisce agli stessi un valore cogente.
È vero che la Pubblica Amministrazione opera nell’interesse della collettività, e quindi il suo ruolo supera quello dell’ambito personale del cittadino, ma pare vi sia una certa sproporzione!
Poi, non è il caso che ci si lamenti della crescita del contenzioso tributario: già nella nostra Gazzetta n.127/2024 ricordavamo come sia stato affermata la necessità di contestare in genere gli avvisi bonari; in questo caso, poco tempo dopo, il Supremo Collegio arriva ad affermare che un avviso bonario non impugnato conferma la validità della rettifica operata, anticipando quindi gli effetti dell’iscrizione a ruolo o dell’accertamento.
Sembra una riedizione del vecchio adagio “Chi tace acconsente!” ma qui le conseguenze possono essere clamorose, e certamente ci vorrà ancora parecchio tempo perché si diffonda la consapevolezza della necessità dell’impugnativa anche di un atto interlocutorio, a meno che la Cassazione non cambi idea!
Intanto con l’ordinanza in commento la sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio, e della fine della lite si discuterà, forse, tra cinque anni!
Gazzetta Tributaria 140, 07/10/2024
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