10 Mar CHI PERDE PAGA? (A VOLTE!) (Gazzetta Tributaria n.41/2025)
41 – Le spese del giudizio nel processo tributario rappresentano ancora un limbo confuso.
Come andiamo ripetendo da tempo il mondo processuale tributario si avvia ad essere un settore ad hoc della Giustizia, affinando le proprie prerogative e con il 2026 sarà anche dotato di un Testo Unico organicamente formulato (D. Lgs. 175/2024), che tra l’altro istituisce la funzione professionale propria del magistrato tributario di carriera, assunto per concorso e con una competenza esclusiva, offrendo così una speranza di innalzamento di qualità delle sentenze.
Ancora, come in passato, la norma processuale specifica afferma che nel processo tributario oltre che il Testo Unico della Giustizia Tributaria viene applicato, in quanto compatibile, il Codice di Procedura Civile.
Principio generale del diritto, sia civile che tributario, è che “le spese seguono la soccombenza” che è principio di civiltà, per evitare che il meno abbiente non possa far valere le proprie ragioni; oltre tutto questo è ancora più significativo nel processo tributario in cui in genere il contribuente deve agire, almeno in primo grado con un patrocinatore (che deve essere remunerato) mentre la controparte ente impositore gode della difesa (non onerosa) o di propri funzionari o dell’Avvocatura di Stato.
Infatti l’art.59 del nuovo Testo Unico della Giustizia Tributaria, (richiamando l’art.15 dell’attuale D. Lgs.546/92) afferma al primo comma “La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza”
L’esperienza invece dimostra che molto spesso i Giudici Tributari, disattendendo lo spirito anche della Costituzione che all’art.111 impone la condizione di parità per i partecipanti al processo, compensano le spese di lite in caso di soccombenza della Pubblica Amministrazione mentre invece condannano il contribuente che non ha avuto ragione – si deve notare con onestà che questo non avviene davanti alla Corte di Cassazione, che generalmente segue il principio di soccombenza.
L’occasione per questa nota viene dalla lettura della Risoluzione n.13 del 19 febbraio 2025 dell’Agenzia che risolve il problema della tassazione, ai fini dell’imposta di registro, del decreto di omologazione del concordato fallimentare.
Non annoiamo i lettori sul problema scientifico della determinazione della base imponibile in questo caso, che era stata considerata in un certo modo dall’Agenzia ma che è stata smentita da ripetute sentenze di Cassazione che hanno affermato il contrario di quanto sostenuta dal Fisco, dando ragione al contribuente; l’attenzione viene invece proiettata sulle ultime righe della risoluzione che da un lato afferma che deve essere considerata superata l’interpretazione ministeriale riportata nella circolare n.27 del 2012 e che deve essere sostanzialmente accettata l’interpretazione fornita dalla Cassazione, chiedendo per i giudizi pendenti (tutti riguardanti l’opposizione all’accertamento di maggiore imposta ) la cessazione della materia del contendere a seguito del ritiro dell’accertamento.
E la risoluzione conclude con una frase emblematica: “Qualora venga chiesta la declaratoria della cessazione della materia del contendere occorre prendere motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio, fornendo al giudice elementi che possano giustificare la compensazione, qualora non sia stata acquisita la rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese di lite”
Il difensore tributario trasecola: un accertamento è contrario ad un consolidato orientamento della Cassazione, tanto che la Direzione Centrale dell’Agenzia invita a rinunciare all’imposizione; vi è stato un processo; l’Agenzia dichiara la cessazione della materia del contendere ma spera di avere acquisito la rinuncia del contribuente alle spese di lite!
Sembra il comportamento del Marchese del Grillo: “IO HO SEMPRE RAGIONE E SE INVECE NON E’ COSI COMUNQUE SARA’ A SPESE TUE!”, e tra le righe si afferma che il contribuente, pur avendo tutte le ragioni, potrebbe anche rinunciare a queste spese.
Magari i principi di parità nel processo tributario sono altri, ma prima o poi ci arriviamo appieno e il Marchese del Grillo rimarrà solo una sarcastica interpretazione di Alberto Sordi.
Gazzetta Tributaria 41, 10/03/2025
Sorry, the comment form is closed at this time.