A COMPRAR MALE NON SI FA PECCATO (……TRIBUTARIO) (Gazzetta Tributaria n.99/2024)

A COMPRAR MALE NON SI FA PECCATO (……TRIBUTARIO) (Gazzetta Tributaria n.99/2024)

99 – Una recentissima pronuncia affronta una fattispecie insolita ma definisce con chiarezza alcuni confini del diritto penale tributario.

  

Parafrasando l’affermazione che ha caratterizzato il pensiero dell’On. Andreotti e che negli anni ’70 era particolarmente di moda, possiamo introdurre l’argomento della rilevanza penal-tributaria di un acquisto reale ma a prezzi incongrui.

Infatti la Corte di Cassazione, con la sentenza n.26520 del 5 luglio 2024 ha escluso ogni rilevanza penale, e quindi ogni fattispecie riconducibile alle norme penali del D.Lgs. 74/2000 alla ipotesi di acquisto di beni, effettivamente impiegati nella produzione ma a prezzi ritenuti incongrui.

La fattispecie, certamente insolita e frutto di una mente raffinata, deve essere chiarita, almeno per quello che si desume dalla lettura della sentenza.

Una società commerciale produce, con ciclo completo, vino di alta qualità e quindi procede all’acquisto delle uve “DOC” necessarie per la produzione.

L’acquisto avviene da una società agricola riferibile alla stessa proprietà della società commerciale, a prezzi certamente fuori mercato e molto rilevanti.

A causa dell’acquisto così oneroso la società commerciale non produce significativo utile.

Gli Uffici tributari hanno denunciato i legali rappresentanti della società commerciale e della società agricola (sono le stesse persone) per violazione delle norme penali avendo indicato elementi passivi fittizi con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

La Corte di Cassazione, ribaltando le precedenti pronunce dei Tribunali di merito, ha concluso con la sentenza indicata che gli imputati andavano assolti perché il fatto non sussiste.

Infatti la cessione dei beni c’è sicuramente stata, e anche i verificatori hanno convenuto che l’operazione era stata realizzata, il pagamento è regolarmente avvenuto e quindi il costo di produzione (elevato) non è fittizio; le fatture di vendita delle uve sono state regolarmente assoggettate ad IVA, sia pure con le agevolazioni per l’agricoltura e questa imposta è stata versata regolarmente dalla società agricola. E altrettanto regolarmente detratta dalla società commerciale.

Il fatto che la società agricola cedente sostanzialmente non paghi imposte dirette sul ricavato delle vendite non dipende da una condotta evasiva dei soggetti ma dal sistema complessivo tributario che tassa su base catastale il provento dell’agricoltura.

La Cassazione conclude che le fatture di vendita sono reali, non siamo nel campo delle operazioni inesistenti e pertanto non si è in presenza di fattispecie penalmente rilevati per come era stata iniziata l’azione: art.2 D. Lgs. 74 ” Dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

E’ la stessa Suprema Corte che chiude la sentenza con un warning:

”Appare opportuno precisare, però, che l’acquisto di beni effettivamente utilizzati per l’attività d’impresa  a prezzi incongrui non sempre e necessariamente costituisce condotta penalmente irrilevante” ma siamo in un altro campo e non nel “consueto” penale tributario.

Ancora una volta aveva ragione Andreotti!

 

Gazzetta Tributaria 99, 11/07/2024

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