17 Gen IL FISCO, NORMALMENTE; NON DEVE FAR PAURA! (Gazzetta Tributaria n. 11/2025)
11 – Deve intervenire la Corte Suprema per confermare che anche un errore del commercialista non può causare “stress da inadempimento”
Le aule di giustizia offrono uno spaccato della società che a volte non si immagina, e nella sua varietà presenta risvolti sorprendenti.
Il caso che commentiamo sembrerebbe inventato da una fertile fantasia, ma ha dovuto invece occupare tutti i gradi di giudizio, e nell’arco di circa quattro anni è arrivato alla conclusione.
Una cliente ha citato il commercialista considerandolo responsabile di avere sbagliato talune poste della dichiarazione dei redditi, e questo errore, rilevato con accertamento dall’Agenzia, le avrebbe causato un grave danno sia economico che psicologico, essendone derivato uno stress professionale che l’ha indotta a cessare ogni attività.
La paura di avere sbagliato nel dichiarare, e la ipotizzata, potenziale, attenzione del giudice penale all’inadempimento avevano tanto gravato la cliente da indurla a richiedere sia i danni materiali che quelli non patrimoniali.
La vicenda, evidentemente distorta dalla particolare sensibilità della cliente, riguardava una presunta difformità della dichiarazione per l’anno 2009 per circa 9mila euro.
Il Tribunale, in sede di processo di risarcimento, riconosceva alla ricorrente un danno di circa 700 euro, rilevando che le imposte erano comunque dovute dalla parte, e rigettava ogni richiesta di danno non patrimoniale.
Non contenta la cliente appellava, ottenendo un rigetto, e ricorre in Cassazione che definisce la controversia con l’ordinanza n. 1036 del 16 gennaio 2025.
Sembra di immaginare i giudici di Roma che sorridendo dietro la mano confermano che la grave patologia psichiatrica insorta nella cliente non ha alcun nesso causale con l’errore del commercialista, dato che anche le richiesta di eventuale danno devono essere legate ad un criterio di proporzionalità dispetto alla dimensione del supposto danno.
Anche la valutazione se sottoporre la vicenda ad una consulenza tecnica d’ufficio (chiesta dalla cliente e negata dal Tribunale) fa parte delle valutazioni rimesse al prudente apprezzamento del giudice, in relazione al generale contesto probatorio.
Negando lo stress da errore fiscale e l’inesistenza di un nesso causale apprezzabile tra l’accertamento dell’Agenzia e la crisi professionale della cliente la Cassazione l’ha anche condannata ad oltre 10mila euro di spese di lite (e questo sì genererà stress!).
Magari non sempre il Fisco è “amico”, ma certamente non deve fare paura fino a queste esagerate conseguenze!
Gazzetta Tributaria 11, 17/01/2025
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