SE L’AGENZIA ESAGERA INTERVIENE LA CASSAZIONE A BACCHETTARLA! (Gazzetta Tributaria n.148/2024)

SE L’AGENZIA ESAGERA INTERVIENE LA CASSAZIONE A BACCHETTARLA! (Gazzetta Tributaria n.148/2024)

 

148 – Non si possono pretendere tributi su redditi di partecipazione se si riduce l’imponibile della società.

 

Un recentissima pronuncia della Corte di Cassazione delinea una vicenda che ha molti aspetti emblematici, e meno male che anche i Supremi Giudici usano la bacchetta nei confronti dell’Agenzia quando esagera.

 In sintesi la vertenza ha avuto uno svolgimento complesso: nei confronti di una società a ristretta base azionaria vi è stato un accertamento che ha aumentato il reddito (presunti ricavi “in nero”) e conseguentemente nei confronti di un socio vi è stato l’accertamento (lasciato scadere) e l’iscrizione a ruolo della quota parte del reddito accertato e imputato per trasparenza.

Questa cartella è stata impugnata perché nel frattempo l’accertamento nei confronti della società era stato giudizialmente ridimensionato.

Nei gradi di merito vi era stata una prima pronuncia sfavorevole superata da quella di secondo grado, invece pienamente favorevole al contribuente che provocò il ricorso in Cassazione dell’Agenzia.

Con una ordinanza con caratteristiche innovative – n. 25267 del 20 settembre 2024 – la Cassazione ha enunciato un paio di principi che magari possono apparire scontati ma che segnano una decisa presa di posizione contro certi abusi.

In sostanza i Supremi Giudici hanno affermato che in pendenza del giudizio sulla dimensione del reddito accertato alla società il comportamento dell’Agenzia nei confronti del socio non può prescindere dalle eventuali pronunce sul fatto generatore dell’obbligazione derivata (reddito di partecipazione) e in caso di variazione di questo è obbligo dell’Agenzia di adeguare le pretese alle dimensioni decise del reddito della società.

Con insolita determinazione la Cassazione afferma che pur dovendo prendere atto della tardività del controricorso del contribuente, e quindi anche della conseguente memorie di trattazione, il giudice può applicare il diritto di conoscere d’ufficio, tramite strumenti informatici e banche dati elettroniche, il giudicato esterno riguardate quanto dedotto nel giudizio specifico. E sottolinea che l’Agenzia “ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale”, oltretutto richiamata da un’istanza in autotutela, sostanzialmente respingendo il ricorso dell’Agenzia e affermando che anche in mancanza di tempestivo ricorso contro l’accertamento personale, che ha poi generato la cartella di pagamento, la richiesta di pagamento non può prescindere dalla dimensione definita del reddito da ripartire.

Sembra poi di leggere che la Cassazione si dispiace del non poter condannare l’Agenzia al rimborso delle spese di lite, stante la tardività del ricorso incidentale (certamente i difensori si sono dimenticati che, contrariamente all’ordinario rito del processo tributario che stabilisce termini di 60 giorni, per il mondo della Cassazione questi sono di 40 giorni!)

Ma comunque dà ragione al contribuente richiamando quel principio, che la GAZZETTA ripete come un mantra, della necessità di comportamento collaborativo e in buona fede.

  

Gazzetta Tributaria 148, 21/10/2024

 

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