13 Mag NON TI FIDARE DEL FISCO! (Gazzetta Tributaria n.63/2024)
63 – Il verificato ritardo della Pubblica Amministrazione nell’onorare i propri impegni non salva l’imprenditore da sanzioni e interessi.
Il nostro commento, oggi, si richiama all’abusato principio di collaborazione e buona fede per stigmatizzare una recentissima pronuncia di Cassazione che potrebbe rappresentare (purtroppo) la “codificazione” dell’ingiustizia tributaria.
Una società svolge attività di noleggio e fornitura di impianti per le intercettazioni telefoniche ed ambientali ed ha come unico cliente la Pubblica Amministrazione giudiziaria – Procure della Repubblica e Tribunali – che sono notoriamente pessimi pagatori ed i cui ritardi nell’onorare gli impegni assunti sono conclamati.
La società non riesce a pagare alcune rate di acconto IRES non avendo ricevuto gli attesi pagamenti delle proprie prestazioni e quindi riceve una cartella ex art.36bis/600 contestante il mancato pagamento degli acconti, con sanzioni ed interessi.
L’impugnativa della cartella per vedere escludere le sanzioni in quanto causate da “forza maggiore” (mancato pagamento da parte dello Stato) viene accolta nei due gradi di merito, ma incappa nella rigidità della Cassazione che con l’ordinanza n. 12708 del 09/05/2024 non solo annulla le sentenze favorevoli delle Corti di Merito ma condanna la società, oltre che a pagare sanzioni e interessi, alla rifusione delle spese legali all’Agenzia.
E questo nonostante il grave ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione sia espressamente riconosciuto anche dal Supremo Collegio.
Si legge nella pronuncia: “……non ricorre alcun evento imprevedibile, essendo il ritardato pagamento della P.A. un fenomeno (purtroppo) ricorrente……” con una sorta di rassegnata accettazione di una palese violazione delle norme del rapporto civile.
Gli Ermellini nell’ordinanza affermano che il ritardo è fatto notorio, non si deve contare solo sulla tempestività dei pagamenti della P.A. e l’imprenditore, nell’organizzazione della sua attività, deve provvedere gli strumenti alternativi (mutui, finanziamenti ecc.) per sopperire ai prevedibili ritardi e quindi mantenere le scadenze con il fisco.
Eppure lo Statuto del Contribuente riconosce, sia pure in un ambito forse collaterale, che l’obbligazione tributaria può essere estinta per compensazione (art.8), e se la controparte dell’impresa è la stessa Pubblica Amministrazione, sia essa fiscale o giudiziaria, perché non può essere applicata quella norma?
Forse vi sarà spazio per un’azione civile nei confronti dei “clienti” della società così vessata, ma dato che si tratta di Tribunali e Procure della Repubblica probabilmente le possibilità di successo sono ben limitate.
E quindi secondo la Cassazione applicando questa pronuncia l’imprenditore deve farsi carico anche delle inadempienze di controparte per evitare di incorrere in sanzioni e penalità: un sovvertimento dei ruoli e delle responsabilità del mondo imprenditoriale!
Gazzetta Tributaria 63, 13/05/2024
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