22 Giu IL DOTTORE NON C’E’: PER L’AGENZIA NON IMPORTA (Gazzetta Tributaria n.69/2023)
69 – Secondo la Cassazione l’accesso presso il professionista depositario delle scritture contabili può legittimamente avvenire anche in assenza dello stesso.
Il rapporto tra cliente e consulente è improntato alla più delicata cautela, anche perché spesso il commercialista diviene depositario non solo delle scritture contabili ma anche di documenti e notizie riservate, informazioni sensibili che magari hanno poco a che fare con la contabilità ma entrano nella sfera personale; proprio per questo vi è l’istituto del segreto professionale che vieta la diffusione di notizie, e l’accesso negli studi professionali deve essere autorizzato dall’autorità giudiziaria (art.33/600)
Con una recentissima ordinanza, la n. 9515 del 06/04/2023, però, la Corte di Cassazione si è dimostrata meno garantista della comune interpretazione, distinguendo tra indagini rivolte al professionista come diretto interessato e indagini rivolte ad altri contribuenti che del professionista sono solo clienti.
Infatti nel caso trattato con la pronuncia indicata si era verificato che in assenza del professionista titolare del mandato di elaborazione dati e conservazione delle scritture la Guardia di Finanza avesse disposto un accesso presso lo studio professionale e preteso la consegna dei documenti da un’impiegata dello studio.
Anche da tali documenti è stato formulato un avviso di accertamento, impugnato con successo nei due gradi di merito eccependo l’irregolarità della acquisizione di documenti, ma reclamato in Cassazione dall’Agenzia.
Con la pronuncia indicata la Suprema Corte ha distinto le due fattispecie: l’indagine che riguarda il professionista come soggetto di verifica o l’indagine che riguarda solo clienti del professionista, giungendo ad affermare che nel secondo caso prevale la funzione del professionista quale depositario di atti, che quindi può anche non intervenire nella verifica ma essere sostituito da un dipendente.
Quanto riportato appare una palese forzatura della lettera dell’art.33 del D.P.R. 600/73 che impone la presenza del titolare in tutti i casi di accesso nello studio, e sembra anche palesemente in contrasto con il principio di collaborazione e buona fede dello statuto del contribuente (art.10).
Oltre tutto per il cliente, che ha confidato nella riservatezza del professionista, sapere che invece qualunque impiegato dello studio “deve” consegnare tutto quello che è richiesto non è certamente rassicurante!
Non possiamo che sperare, dato che con l’ordinanza in esame l’originaria sentenza è stata cassata con rinvio, che la competente Corte di Giustizia di Secondo Grado sappia riaffermare i principi di collaborazione e buona fede che sono tanto necessari nel rapporto anche tributario, evitando forzature ed esibizioni muscolari.
Oltre tutto lo stesso art.33 del D.P.R. 600/73 prevede che per gli accesi presso intermediari finanziari (VI comma) non si possa procedere senza la presenza del titolare dell’ufficio; perché questo non deve valere per i servizi contabili?
In altri paesi, forse più evoluti, gli accessi sono sostituiti dalla telefonata del funzionario che chiede di portare copia della contabilità in ufficio: abbiamo ancora un po’ di strada da percorrere!
Gazzetta Tributaria 69, 22/06/2023
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