05 Dic 4-2=4! QUANDO L’IMPOSTA DIVIENE UN COSTO (DEDUCIBILE?) (Gazzetta Tributaria 101/2022)
101 – Il meccanismo di neutralità dell’IVA riceve un duro colpo quando viene sbagliato l’addebito dell’imposta al cliente!
Il presupposto principale del meccanismo dell’IVA (quest’imposta compie 50 anni portati benino!) è l’addebito dell’IVA al proprio cliente, il versamento di quanto fatturato e la possibilità di detrarre quanto addebitato per il cessionario.
In questo modo l’imposta verrà a gravare, alla fine, sull’ultimo passaggio, con una sorta di sistema di vasi comunicanti.
Questo meccanismo, però, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia UE subito fatta propria dall’Agenzia e recepita anche nella ordinanza 8 novembre 2022 n. 32900 della Corte di Cassazione si inceppa in caso di errore nell’assoggettamento ad IVA dell’operazione da parte del cedente.
Evidentemente ci riferiamo solo ad ipotesi di errore, e non già di fattispecie fraudolente, ma anche un semplice sbaglio può essere quanto mai frequente stante la difficoltà, a volte, di collocare l’operazione nella giusta dimensione della tabella delle aliquote (prodotti agricoli soggetti ad aliquota 4% 5% 10% per esempio) oppure non assoggettare ad imposta una operazione erroneamente considerata esente, o vice versa.
La materia IVA, ancorché ben strutturata, è certamente complessa e non sono trascurabili le possibilità di comportamenti sbagliati in buona fede; infatti la stessa normativa prevede un apposito articolo (n.26) per l’emissione delle note di variazione anche in caso di errore, che però possono essere formulate in un certo limitato intervallo temporale, trascorso il quale inizia la situazione paradossale richiamata dal titolo.
Infatti, come specifica la Corte di Cassazione nell’ordinanza indicata e ripresa puntualmente l’Agenzia delle Entrate nel numero di FISCO OGGI del 2 dicembre 2022 in caso di errore accertato dalla verifica il cedente, che ha emesso la fattura con IVA errata deve in ogni caso versare l’imposta indicata (e potrà successivamente chiedere all’Agenzia il rimborso di quanto pagato in eccesso ex art.30ter del decreto IVA con i tempi biblici dell’Agenzia); il cessionario non ha diritto di portare in detrazione l’imposta addebitata, che però è stata pagata nella misura errata, ma ha diritto di chiedere il rimborso al cedente di quanto pagato erroneamente
In sostanza, in caso di errore è dovuta l’imposta nella misura errata e nessuno può portarla in detrazione, con il risultato che quella che doveva essere un’imposta a cascata con il meccanismo della rivalsa diventa un’imposta monofase con un aggravio di costi spropositato!
Una sequenza di complicazioni ed aggravi che la Corte di Cassazione, con un intervento grafico decisamente insolito, scrive in grassetto nel testo dell’ordinanza (pag. 14 e 15 per verifica) quasi a ribadire ad alta voce il diktat che in caso di errore accertato in verifica l’imposta, sostanzialmente, si paga due volte!
Ed oltre al danno forse esiste anche la beffa, perché l’accertamento e il pagamento di questa imposta errata avvengono certamente anni dopo l’operazione, e potrebbe essere eccepito anche il difetto di competenza temporale per il costo così sostenuto, con la conseguenza della indeducibilità dell’onere, ai fini delle imposte dirette.
Gazzetta Tributaria 101, 05/12/2022
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