02 Ago RIMBORSI FISCALI: IL CONTRIBUENTE NON DEVE AFFIDARSI ALL’UFFICIO! (Gazzetta Tributaria n.71/2022)
71-Pur con tanti appelli alla fiducia reciproca e al legittimo affidamento la Cassazione ci riporta bruscamente alla realtà di una spietata partita giocata con il contribuente per verificare chi sbaglia meno per non rimborsare!
In questa calda estate un brivido gelato può aiutare a superare pomeriggi afosi, e questo è quello che ci propone l’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 21106 del 04/07/2022 che conferma l’esclusione di un contribuente fiducioso dal rimborso di un eccesso di imposta già versato.
Sostanzialmente, tra le righe, la Cassazione afferma che il contribuente non può illudersi che sia l’Ufficio a provvedere a suo favore, ma deve sempre farsi parte attiva per ottenere quanto spettante.
Una breve descrizione della fattispecie trattata dai giudici può illuminare sulle affermazioni precedenti, certamente dure.
Una società finanziaria di credito al consumo aveva attivato la modalità di pagamento dell’imposta di bollo in modo virtuale ma nel 2011 comunica di rinunciare a tale modalità.
L’Agenzia effettua la liquidazione della posizione e comunica che a fronte del versamento 2010 effettuato e il consumo 2011 vi è un credito della società di oltre 400mila euro.
Probabilmente troppo fiduciosi, solo nel 2015 i vertici della società rivolgono formale richiesta all’Agenzia per sapere dove era finito quel rimborso del credito. Non ottenendo risposta soddisfacente ricorrono ai giudici tributari.
Hanno ragione in primo grado, perdono in appello e si rivolgono a piazza Cavour per pretendere il rimborso.
La Cassazione con la pronuncia citata ricorda che la legge speciale sul bollo stabilisce un termine perentorio a pena di decadenza di tre anni per le richieste di rimborso che devono essere azionate dal contribuente; specifica che il rimborso d’ufficio è una fattispecie assolutamente eccezionale e la sua utilizzazione non è suscettibile di alcuna applicazione analogica; la dichiarazione di liquidazione dell’imposta predisposta dall’Ufficio con un saldo a favore del contribuente non vale quale presupposto per una liquidazione d’ufficio e quindi la richiesta del contribuente di ordinare il rimborso viene respinta.
I principi del legittimo affidamento (l’Agenzia aveva liquidato il credito!), dell’azione della pubblica amministrazione a favore dei cittadini e così via sono solo echi lontani, mentre prevale la ragion di stato: cerchiamo di risparmiare anche sui rimborsi, e chi è pigro è giusto che venga punito!
Quando in tanti scritti si raccomanda di verificare i termini per attivare pratiche di rimborso (IRAP), particolarmente nel campo dei versamenti per imposte dirette, non siamo voci che gridano nel deserto ma professionisti che conoscono una realtà di contrapposizione e non già collaborazione, realtà che impone un comportamento vigile e non passivo della parte privata.
Gli antichi recitavano: homo homini lupus, ma sembra che le zanne siano anche dell’Agenzia!
Gazzetta 71, 02/08/2022
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