31 Mar Gazzetta Tributaria Edizione 5/2020 contributi (n. 10-11)
11- IL PREMIO AI GENEROSI
Incentivi fiscali per stimolare le donazioni
Il decreto legge “Cura Italia” (n. 18/2020), come spesso accade per la decretazione d’urgenza, prevede una gamma vastissima di disposizioni e interventi, che abbracciano gli argomenti più disparati.
Tra l’altro, sparsi in contesti a volte diversissimi, troviamo disposizioni sul Terzo Settore e sugli incentivi fiscali per le donazioni a favore di strutture operative o di ricerca in questa emergenza.
Analizziamo intanto quest’ultimo argomento, anche perché sarà bene predisporre sin d’ora la documentazione per godere a tempo debito delle agevolazioni.
L’art.66 del decreto, in modo forse troppo sbrigativo, e non ci stupirebbe che fosse modificato in sede di conversione, differenzia in due macro-categorie i destinatari degli incentivi: le persone fisiche e gli enti non commerciali da un lato e le imprese dall’altro; stante il richiamo a precedenti norme in materia di reddito d’impresa si ritiene che l’agevolazione sia attribuibile a qualunque impresa, senza differenziare la forma con la quale viene esercitata (individuale, società commerciale, ente commerciale ecc.).
Persone fisiche e enti non commerciali
Per le persone fisiche e gli enti non commerciali (in genere Fondazioni) il beneficio è rappresentato da una detrazione dall’imposta lorda (che può essere IRPEF o IRES per gli enti) pari al 30% dell’ammontare donato, per un importo non superiore a € 30.000,00.
L’erogazione può essere sia in denaro – modalità tipica delle persone fisiche – che in natura, e dovrà essere documentabile secondo i canoni usuali (pagamenti tracciabili, rilevanza per cassa ecc.); nulla spiega la norma per quanto riguarda la valorizzazione delle donazioni in natura, che per altro non possono che essere determinate in base al valore normale.
Trattandosi di una detrazione il beneficio si trasforma in un immediato risparmio d’imposta, mentre non è influenzata dalla misura del reddito imponibile, dato che una riduzione d’imposta non risente della progressività delle aliquote.
Inoltre essendo una detrazione dall’imposta lorda sembra poter concludere che troverà un limite naturale nella misura dell’imposta dovuta, non potendo dare luogo a rimborsi o traslazione a periodi successivi.
Imprese
Per le imprese l’agevolazione è rappresentata da una deduzione dal reddito d’impresa del valore delle erogazioni liberali effettuate, con le avvertenze già note in tema di determinazione delle erogazioni in natura. Anche per le imprese dovrebbe vigere il principio di cassa, anche se questo è espressamente statuto nel decreto solo in materia di IRAP.
Essendo una deduzione dal reddito d’impresa nel caso di imprese individuali e società di persone, probabilmente, il beneficio finale sarà influenzato dal livello di reddito, dato che va a incidere nella progressione delle aliquote.
Questo potrebbe dare luogo ad una ingiustificata preferenza per l’imprenditore individuale che a seguito di una donazione che riduca l’imposizione marginale avrebbe un beneficio del 43% e il professionista che per la stessa donazione si vedrebbe riconosciuto solo il 30%
Se detta deduzione deve essere intesa come componente negativa di reddito potrà dare luogo a traslazione ad esercizi successivi in caso di incapienza diretta.
Taluni dubbi sorgono in relazione alle situazioni c.d. a cavallo tra le due collocazioni: l’impresa individuale che effettua una donazione vale come persona fisica o impresa? lo studio associato o la società professionale (che non sono impresa) hanno diritto a deduzioni o detrazioni o nulla? la società di persone che produce reddito d’impresa ma è tassata per trasparenza e così via. Probabilmente in sede di conversione del decreto anche questi dubbi saranno risolti.
Nella tragica emergenza di questi giorni complessi poter considerare che circa un terzo della donazione che effettuiamo sarà riconosciuta dallo Stato come beneficio può incentivare la generosità e contribuire, quindi ad accelerare l’uscita dalla epidemia.
Gazzetta 11, 2020
10-DUE TEMPI, DUE PESI, DUE MISURE
Le disposizioni sul processo tributario nella decretazione d’urgenza
In questo periodo di emergenza, con il nostro paese “sospeso” tra quarantena e inattività forzata è certamente difficile per i pubblici poteri mantenere il giusto equilibrio nel formulare proclami e ordinanze, e per il cittadino non esagerane nel criticarle.
Non vi è quindi alcuna preconcetta vis polemica nel dedicare alcune considerazioni alle norme, per fortuna provvisorie, in materia di processo tributario e istituti connessi, che sono trattati in vari articoli del D.L. 18 /2020 – Cura Italia e che presentano incomprensibili squilibri e confusioni, tra i quali anche l’Agenzia delle Entrate fa fatica a districarsi (ha emanato 3 circolari in due giorni!).
Due norme in particolare trattano dei rapporti con gli enti impositori e i processi tributari: l’art.67 riguardante gli enti impositori e l’art. 83 (uno dei più corposi di tutti il decreto) che si riferisce al processo.
Già il fatto che le norme, che dovrebbero essere simmetriche, sia suddivise in due articoli diversi appare insolito, e ancora di più quando si ponga attenzione ai termini quantitativi.
Per l’ente impositore i termini processuali sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020, mentre per il contribuente gli stessi termini sembrano sospesi sino al 15 aprile; inoltre tutte le udienze sono sospese e rinviate e dal 15 aprile al 30 giugno 2020 saranno assunte dai presidenti delle Commissione Tributarie “le misure organizzative necessarie”; quindi le udienze ragionevolmente si terranno solo a partire dall’autunno 2020.
Anche per le udienze già celebrate un apposito provvedimento del Ministero delle Finanze ha invitato i Presidenti delle Commissioni Tributarie a prorogare il termine per il deposito delle sentenze (termine che per altro è ordinatorio e quindi senza caratteristiche di cogenza!) e la sospensione appare indefinita.
Senza entrare in tecnicismi ora forse inutili dobbiamo però sottolineare come la disparità tra le due sospensioni di termini processuali – 38 giorni per il contribuente e 85 giorni per l’ente – appare una violazione del concetto di giusto processo e dell’art.10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, con le inevitabili future contestazioni.
Basta por mente, per esempio, al fatto che dopo il primo grado di giudizio nel processo tributario le due parti sono assolutamente equiparate e simmetriche: constatare che per la proposizione di un appello, o di un appello incidentale, una delle due parti (quella privata) aggiunge al termine ordinario di sessanta giorni solo altri 38 giorni mentre l’altra parte pubblica potrà disporre di 60+85 giorni sottolinea lo squilibrio della norma.
Due pesi e due misure, certamente non giustificati da una emergenza di inattività per la chiusura degli Uffici (il processo tributario oramai è solamente telematico, tranne che per il dibattimento!) e confidiamo in un allineamento del legislatore in sede di conversione ad una maggiore equità.
In ogni caso per noi l’attività di difesa del contribuente proseguirà senza vuoti di attenzione.
Gazzetta 10, 2020
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