05 Ago Gazzetta Tributaria Edizione 13/2019 contributi (n. 27-28-29)
29- LA LOTTA DELLE PAROLE ED I BENEFICI PRIMA CASA
Quando l’uso di termini specifici rende stravagante l’interpretazione.
Questa volta ci occupiamo di una fattispecie particolare di beneficio al contribuente, che appare forse fin troppo generoso nella formulazione dell’Agenzia.
La risposta n. 241 del 15 luglio 2017 riconosce al contribuente il diritto a godere dei benefici prima casa se, avendo proceduto ad un acquisto con detti benefici anni addietro vende la casa così acquistata e nei dodici mesi da tale vendita acquista un’altra abitazione avente le caratteristiche richieste (non A/1, A/10 e simili).
Sin qui nulla di nuovo, se non che il contribuente anni dopo l’acquisto della prima casa ha acquistato, con i benefici noti, anche un garage (cat. C/6) che è stato legato da vincolo di pertinenzialità all’abitazione.
Ora la vendita della casa non riguarda il box, che viene mantenuto nella proprietà del contribuente in attesa di procedere all’acquisto della nuova casa.
Viene affermato dalla parte privata, e condiviso dall’Agenzia, che dopo l’acquisto della nuova casa il box diventerà pertinenza di questo nuovo bene e che le operazioni possono essere tutte fatte usufruendo dei benefici prima casa.
Eppure sui banchi dell’Università ci avevano insegnato che l’interpretazione della legge non può prescindere dal significato proprio delle parole, ed allora come può esistere un bene che rimane per un certo tempo quale pertinenza di nulla?
Infatti la casa preesistente, alla quale era legato da vincolo di pertinenzialità, è diventata di terzi; quella nuova, alla quale sarà forse destinato quale nuova pertinenza non è ancora in proprietà: e nel frattempo?
Abbiamo un accessorio (pertinenza) senza che esista il bene principale, un immobile orfano senza riferimenti.
La soluzione prospettata è certamente favorevole al contribuente ma appare carica di incertezze e forse sarà bene ripensare al concetto di pertinenza di nulla!
Maliziosamente si potrebbe ritenere che il superlavoro di luglio abbia offuscato gli interpreti dell’Agenzia: nei primi sei mesi del 2019 sono state formulate 220 risposte; nel solo mese di luglio 2019 ne sono state sfornate oltre cento, con un incremento di produttività strabiliante!
Anche l’interprete fa fatica a tenere dietro ad una simile produzione e speriamo di mantenere la lucidità.
Gazzetta 29, 2019
28- PARENTI SERPENTI (o serpentelli!)
L’Agenzia delle Entrate smentisce il Ministero dell’Interno sulla tassazione ai poliziotti.
A vo9lte anche tra “cugini” vi sono tentativi di forzature e bacchettate in replica, come dimostra la vicenda che andiamo a commentare.
In base ad un principio pluridecennale anche i rimborsi spese forfettari erogati ai dipendenti per trasferte sono reddito imponibile per la parte che eccede certi limiti, per altro esigui (circa 50 euro al giorno per trasferte in Italia).
In base ad un accordo europeo sul sostegno ai migranti un ufficio della Comunità Europea organizza appositi incontri di approfondimento per i poliziotti italiani, che possono ricevere un rimborso spese forfettario di 246 euro al giorno per un massimo di tre giorni per la frequenza al corso; quasi a volersi chiamar fuori il Dipartimento di Pubblica Sicurezza sottolinea che il rimborso spese viene erogato dall’ente comunitario al poliziotto direttamente sul suo conto!
Facendo lo gnorri il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero chiede all’Agenzia delle Entrate conferma che questa indennità forfettaria essendo corrisposta da un ente comunitario e destinata al mantenimento del poliziotto durante il corso di approfondimento sia esclusa da ogni imposizione e ritenuta sia fiscale che previdenziale.
Con un tono di rassegnata pazienza la Direzione Contribuenti dell’Agenzia, con la risposta n. 304 del 23 luglio 2019 ripercorre le varie situazioni che possono presentarsi nelle attività in genere e dopo avere declinato la propria competenza in materia previdenziale (e vorremmo ben vedere!), smentisce su tutta la linea quanto richiesto dal Ministero dell’Interno, dato che la l’indennità viene confermato essere imponibile, viene richiamata l’Amministrazione all’osservanza degli obblighi di ritenuta fiscale e viene invitata la struttura comunitaria a fornire al soggetto nazionale tutti i dati per conoscere del pagamento, sia pure corrisposto direttamente al poliziotto.
Quasi sembrerebbe di poter concludere che all’Interno ci hanno provato ma è andata male!
L’Agenzia delle Entrate ricorda che la quota esente per le indennità di trasferta nel territorio nazionale è di 46,48 euro al giorno, nel senso che si presume che con tale importo si possono ordinariamente sostenere le spese di viaggio, vitto e alloggio per un giorno! Tutto quanto viene erogato in eccesso si presume reddito, è soggetto a ritenuta e si cumula con l’ordinaria retribuzione.
Non vi è dubbio che la risposta è corretta in base alle norma vigenti: piuttosto viene il dubbio se all’Agenzia hanno provato a vivere e muoversi per un giorno ovunque in Italia con 46,48 euro (viaggio, vitto e alloggio!) – Crediamo non vi riesca neppure un vegano in tenda!
Gazzetta 28, 2019
27- IL BAMBINO INTERO O DIMEZZATO ?
La convivenza in famiglia del regime fiscale ordinario e quello forfettario può ingenerare conseguenze stravaganti ed irreali!
La nostra Costituzione sancisce la preminenza della famiglia quale società naturale e ne garantisce il sostegno e la salvaguardia: il legislatore fiscale forse non è della stessa idea?!
Lo spunto per questa riflessione viene da una recentissima risoluzione dell’Agenzia delle Entrate ( n.69 del 22 luglio 2019) che sembra descrivere uno scenario penalizzante per talune famiglie.
L’art.12 del TUIR stabilisce una detrazione per ogni figlio a carico, detrazione che ordinariamente spetta per il 50% ad ogni genitore che produca reddito imponibile.
Ancora la stessa norma specifica che in caso di accordo tra gli stessi genitori la detrazione può essere attribuita interamente a quello con il reddito maggiore.
Il caso affrontato riguarda la fattispecie in cui il reddito maggiore tra i coniugi è prodotto da un lavoratore autonomo che beneficia del regime forfettario regime che non consente alcuna detrazione; in questo caso secondo l’Agenzia la detrazione per figlio a carico è persa per la metà, il figlio “dimezzato” come nel libro di Calvino.
Infatti l’Agenzia ha negato la possibilità per i coniugi di pattuire che la detrazione fosse attribuita al coniuge non forfettario con la specifica che l’attribuzione deve competere al redditiere maggiore, a nulla rilevando che lo stesso non possa poi detrarre il beneficio.
Quindi il sostegno alla famiglia già richiamato, pur essendo di pregio costituzionale si scontra con rigidità delle interpretazioni ufficiali per cui l’attribuzione del beneficio per figlio a carico se speso interamente può essere attribuito solo al genitore che produce il maggior reddito, a nulla rilevando che questi non possa poi detrarre nulla.
Eppure l’onere per il pargolo, a prescindere dal regime fiscale dell’attività svolta grava in ogni caso sulla famiglia e appare di difficile comprensione come possa essere o meno dimezzato in base ad interpretazioni ufficiali!
Riconoscere la possibilità di detrarre l’intero importo in capo ad uno dei genitori sarebbe un chiaro segno di sostegno sociale e fiscale alla famiglia che non può concepire figli “dimezzati”.
Gazzetta 27, 2019
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